L’acciaio verde entrerà nella nostra vita

Non sarà ne facile ne economico, ma l’acciaio verde entrerà a far parte dei prodotti di consumo più diffusi. Ci vorrà però parecchio tempo…

Non tutti se ne stanno accorgendo, ma gli effetti prodotti sul clima da parte dei cosiddetti gas serra sono una componente sempre più importanti nelle decisioni di acquisto di acciaio e alluminio.

In Europa, sono in atto tutta una serie di iniziative per ridurre le emissioni di gas a effetto serra da parte del settore siderurgico. L’Unione Europea fornisce finanziamenti per la ricerca e fornisce sostegno sotto forma di infrastrutture, come le reti di approvvigionamento di idrogeno.

L’acciaio verde della ArcelorMittal

Il gigante siderurgico ArcelorMittal si è sforzata per commercializzare acciaio a bassa impronta del carbonio, certificando il metallo verde per quei clienti che devono segnalare il contenuto di carbonio della loro catena di fornitura o per coloro che devono pagare le tasse sul contenuto di CO2. Per ora, si tratta di una percentuale ridotta della produzione di ArcelorMittal, che corrisponde a solo il 2% (600.000 tonnellate all’anno).

La UE sostiene l’iniziativa di ArcelorMittal fornendo un’infrastruttura per l’approvvigionamento di idrogeno allo stabilimento di Amburgo, che produce acciaio come riduzione diretta dal minerale di ferro.

Anche gli Stati Uniti, seppur in modo ancora frammentario, si stanno muovendo nella stessa direzione. La California, per esempio, ha incaricato i dipartimenti acquisti per i progetti statali di evidenziare l’impronta di carbonio o il contenuto di CO2 dei prodotti che acquistano. La mossa mira a misurare e, se possibile ridurre, il contenuto di CO2.

Anche se qualcuno nutre dubbi sull’uso di fondi pubblici per sostenere i prodotti verdi, sembra che i consumatori industriali siano sotto la pressione da parte degli investitori per segnalare e ridurre l’impronta di carbonio della loro catena di approvvigionamento. Inoltre, alcune aziende cercano di sfruttare i prodotti verdi come strumento di vendita e di marketing per un pubblico sempre più orientato verso realtà aziendali che abbiano un basso impatto sull’ambiente.

Facile da dire ma molto difficile da fare

Secondo il Financial Times, dopo la produzione di elettricità, sono il ferro e l’acciaio a costituire la seconda fonte di emissioni di CO2, rappresentando circa il 7-9% di tutte le emissioni.

Certamente, il passaggio della produzione verso i forni elettrici ad arco (EAF), attualmente il 30% della produzione mondiale di acciaio, andrebbe nella direzione giusta. Purtroppo, però, non ci sono abbastanza rottami per sostenere una produzione integrale con tecnologia EAF.

Se poi focalizziamo l’attenzione sulla Cina, che rappresenta oltre la metà della produzione globale e che utilizza altiforni tradizionali, la strada verso l’acciaio verde sembra ancora più in salita. Gli stabilimenti cinesi sono responsabili di circa un terzo delle emissioni industriali del paese. Inoltre, il settore produce ancora due tonnellate di CO2 per ogni tonnellata di acciaio (in Europa è di solito una tonnellata).

Ciò detto, l’unico modo per avere altiforni neutri in termini di emissioni è quello di utilizzare l’idrogeno come combustibile o fonte di calore. Affinché l’idrogeno sia privo di fossili (idrogeno verde) deve provenire però dall’elettricità da fonti rinnovabili, le cui capacità attuali non sono certo in grado di soddisfare tutti questi impieghi.

Impossibile nascondere che l’acciaio verde non sarà certo disponibile a breve e che i costi saranno significativi. Tuttavia, un numero crescente di paesi e di aziende stanno investendo molto denaro per ottenerlo e, con ogni probabilità, assisteremo alla sua progressiva espansione nel lungo termine.

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