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Ottenere la residenza a Panama, uno degli ultimi paradisi fiscali

Uno dei massimi esperti panamensi del settore offshore illustra le opportunità offerte da Panama, tra gli ultimi paradisi fiscali rimasti nel mondo.

Negli ultimi mesi il mondo dei paradisi fiscali ha subito profondi cambiamenti, conseguenza delle nuove normative sullo scambio di informazioni bancarie avviata dagli Stati Uniti e seguiti a ruota dall’Unione Europea.

Come sempre avviene quando ci sono cambiamenti radicali, le informazioni diventano faziose e si confondono con le dicerie che creano incertezza e paura in molte persone. Cosa succederà nel prossimo futuro? Sarà ancora possibile detenere beni all’estero? Esisterà ancora un pò di privacy? Conviene aderire alla Voluntary Disclosure?

Per fare un po’ di chiarezza sul mondo offshore alla luce degli ultimi avvenimenti, abbiamo intervistato l’avvocato Eric Stuart nel suo ufficio situato nella Century Tower di Panama City. L’avvocato Eric Stuart, uno dei massimi esperti in residenze fiscali estere, è il Direttore della Panama Immigration, società specializzata in consulenza ed assistenza fiscale, societaria e residenziale.

MR – Uno dei problemi più sentiti dai cittadini europei, soprattutto in Italia, è quello dell’eccessivo peso fiscale della Stato che, anziché diminuire come promettono molti uomini politici, continua a crescere. Per questo motivo un numero crescente di persone si domanda se esistano paesi nel mondo dove il fisco sia meno oppressivo e la burocrazia dello Stato meno invadente, ma che allo stesso tempo non comporti una rinuncia ad una buona qualità della vita. Vista la sua lunga esperienza nel settore offshore, quale paese si sentirebbe di consigliare?

PI – Sicuramente Panama. Il paese applica zero imposte sui proventi delle società panamensi e sulle società straniere qui domiciliate, per tutti i guadagni provenienti dall’estero. Quindi, una qualsiasi società, che ad esempio venda prodotti online in Europa o nel mondo, eccetto che a Panama, non paga tasse e non ha obblighi contabili, compresi quelli di emettere fattura. Inoltre, a Panama si può godere di una ottima qualità di vita. Panama City ospita grandi centri centri commerciali ed è stata soprannominata la capitale dei grattacieli dell’America Latina. Ci sono i migliori ospedali dell’America Latina e i più importanti istituti bancari, tra cui anche una ventina di banche svizzere in attesa di licenza. Infine, gode di un ottimo clima, strutture alberghiere di primo piano e un settore del turismo molto sviluppato.

MR – Immagino che non sarà troppo facile ottenere la residenza a Panama.

PI – Al momento non troverete paese dove sia più facile ottenere la residenza, soprattutto per gli italiani. I panamensi, poi, sono persone estremamente gentili ed accoglienti, molto umili. Detto questo Panama ha anche un lato poco conosciuto, con una forte cultura individualistica che spinge a competere per il successo, di stampo prettamente americano, dove non si perdonano gli errori e dove si riesce da esprimere il meglio di sé. Un aspetto molto amato dagli inglesi e dagli americani, oltre che da molti cervelli in fuga alla ricerca di un ambiente competitivo ma baciato dal caldo sole dei Caraibi e in più tax-free.

MR – Detto così sembra molto semplice. Ma è tutto perfettamente legale?

PI – Del tutto legale. Panama ha le sue leggi, come ogni paese, e quello che qui è legale non deve esserlo per forza in altri paesi. Così come quello che è legale in Italia non è detto che lo sia qui. Panama permette davvero di non pagare imposte e di avere una privacy finanziaria totale, oltre che di prendere la residenza in soli 3 giorni. Anche per le società la privacy è inviolabile  dal momento che non sono tenute a rivelare i nomi degli effettivi beneficiari. Tutte attività alla luce del sole e perfettamente a norma di legge.

MR – A proposito di segreto bancario, tutti dicono che i paradisi fiscali stanno morendo. Lo crede anche Lei?

PI – Diciamo che una certa stampa europea ama creare allarmismo, inclusi giornalisti e blogger che parlano spesso senza avere una reale conoscenza degli argomenti che trattano. E molto spesso creano grossi danni a chi deve prendere delle decisioni sul proprio futuro economico e fiscale basandosi su questo falso sensazionalismo, raccolto qualche volta tra i meandri del web. Un esempio tipico è la Voluntary Disclosure. Mi capita spesso di parlare con clienti pentiti di aver ceduto alle pressioni mediatiche di chi li ha spinti a procedere in tal senso, quando nella realtà esistono altre vie assai più efficaci. Alcuni mi dicono che essendo la Voluntary Disclosure obbligatoria, hanno ceduto per forza di cose e quando chiedo loro se almeno conoscono la traduzione di Voluntary, che significa volontaria e che quindi contempla anche l’opzione opposta, rimangono sorpresi e senza alcuna risposta. Negli Stati Uniti nessuno dice che i paradisi fiscali sono morti, semplicemente perché ciò non è vero, come dimostra il fatto che lo stesso sistema americano è, in alcuni casi, tax-free e assimilabile ad un sistema offshore. Nel mondo esistono decine di paradisi fiscali come Panama, con il segreto bancario, fiscale e societario. Panama, considerato da molti come il più sviluppato e moderno tra i paradisi fiscali attualmente esistenti, continua a garantire l’anonimato a tutti i livelli, eccezione fatta per il FATCA [è una legge che obbliga tutte le banche a controllare i cittadini americani, ndr] con gli Stati Uniti.

MR – Non può però negare che qualcosa è cambiato negli ultimi anni e che molti tra i paesi occidentali abbiano dichiarato guerra ai paradisi fiscali in tutto il mondo. Molte persone si sono viste chiudere senza preavviso i propri conti bancari in Svizzera senza alcuna possibilità di evitarlo. In questo nuovo ordine mondiale ha ancora senso parlare di segreto bancario?

PI – La verità sta nel fatto che alcun paesi hanno intrapreso la strada dello scambio reciproco di informazioni, tramite trattati tra singoli paesi, inclusi Cayman, Belize e St Vincent, ma sempre e soltanto in casi molto particolari e per determinate somme possedute in eccedenza. La stampa italiana ha decretato la morte del segreto bancario svizzero, ma il segreto esiste ancora, anche con l’Italia, almeno per il momento. Il segreto bancario non esiste più per i cittadini americani, ma la Svizzera è ancora uno dei migliori posti dove custodire denaro per i non residenti in Italia ed non cittadini americani. Esistono nel mondo oltre un centinaio di paradisi fiscali, qualcuno attivo a livello bancario, altri a livello societario o fiscale. Quello della stampa italiana, è solo un caso di ignoranza e incompetenza professionale, con la divulgazione di informazioni, spesso in malafede, la cui credibilità poggia sul nulla. Vorrei che di tanto in tanto i giornalisti si studiassero le normative e le leggi prima di scrivere i loro articoli ma, purtroppo, sono quasi sempre al servizio dei poteri forti di turno, senza alcuna preoccupazione per i danni che creano nell’opinione pubblica.

MR – Ma la classe dirigente italiana si accorge solo adesso che esistono i paradisi fiscali?

PI – Vorrei ricordare che molti dei poteri finanziari italiani, nuovi e vecchi, affondano le loro radici nel mondo dell’offshore, cosa che ha garantito loro il livello di potere raggiunto. Lo stesso ex primo ministro Silvio Berlusconi, con tutto il suo impero mediatico, deve molto al settore offshore, che gli ha consentito di raggiungere i successi che tutti conosciamo. Eppure i suoi giornalisti, vestiti in giacca e cravatta ed occhiali scuri [Le Iene, ndr], vanno in giro per Panama a raccogliere notizie sensazionalistiche, senza approfondire e capire la realtà del settore. Vorrei ricordare che molte delle maggiori banche italiane ed europee hanno sedi offshore con le quali gestiscono i loro ingenti profitti. Le grandi compagnie di assicurazione italiane e non, hanno sempre avuto il loro bel grattacielo nel centro finanziario di Panama. Ricordo infine che il 65% dei capitali mondiali transitano su conti offshore e che le multinazionali come Apple, Google, Amazon, AOL, Yahoo, Microsoft, Facebook e così via, non sarebbero quello che sono senza i paradisi fiscali. Che sia giusto o sbagliato non spetta a me deciderlo, ma la realtà è questa.

MR – Come è cambiato il settore dell’offshore negli ultimi anni?

PI – Parlando del settore offshore rivolto al privato, cioè non alle società, da circa 5 o 6 anni è orientato ad offrire soluzioni che partano dalla presenza offshore della persona interessata. Perciò vengono prima create le basi per un corretto inquadramento residenziale, cioè la residenza fiscale a Panama o in Belize o in altri paesi. Ciò consente l’acquisizione di documenti inequivocabili come il permesso di soggiorno, la carta di identità, la patente, l’assicurazione sanitaria, il contratto di affitto e, in alcuni casi, il permesso di lavoro. Poi si procede con l’apertura di conti correnti, sia personali che societari, intestati al nuovo residente, normalmente nello stesso paese dove ha preso la residenza. Il neo-residente non deve necessariamente iscriversi all’AIRE [Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero – ndr], dal momento che a Panama le banche non richiedono l’iscrizione all’AIRE per identificare un residente italiano, ma è sufficiente il permesso di soggiorno e la carta d’identità. Lo stesso non vale per altri paesi, dove è più difficile fornire le prove della residenza.

MR – Dal punto di vista di un investitore, quali sono le opportunità che offrono le giurisdizioni offshore?

PI – Il settore offshore per i capitali importanti, viste anche le attuali turbolenze economiche e politiche, tende a proteggere un capitale liquido con un investimento illiquido, cioè attraverso immobili offshore o una allocazione in beni preziosi non tassabili, come per esempio i diamanti, custoditi in depositi di massima sicurezza offshore. Ma esistono anche alternative finanziarie calibrate sulle esigenze del cliente e frutto delle conoscenze e dell’esperienza dell’istituto proponente. Normalmente, quando un cliente con disponibilità importante decide di proteggere il proprio capitale, esaminiamo insieme le varie soluzioni e, nella maggior parte dei casi, proponiamo un investimento immobiliare di prestigio che garantisca un buon cashflow ed un alta remunerazione. Si propende di solito per immobili in città che, se acquistati a nome di una società o di una fondazione, risultano beni non confiscabili qualora la responsabilità della persona fisica venga messa in discussione per un evento esterno o per causa di forza maggiore, come potrebbe essere un’azione da parte di un tribunale. Inoltre al momento della vendita sono esentasse, cosa che invece non avviene nella vendita da parte di una persona fisica.

Ottenere una residenza a Panama, uno degli ultimi paradisi fiscali 2.

MR – Ci può fare un esempio?

PI – Faccia il caso che lei stia qui a Panama per acquistare un appartamento. Lo trova, lo acquista e registra la proprietà a suo nome. Tutto procede per il meglio. Una volta proprietario dell’immobile si ritrova un giorno in mezzo al traffico e per sua cattiva sorte viene coinvolto in un incidente d’auto. Se viene accertata una sua responsabilità nelle causate lesioni verso una delle persone coinvolte nell’incidente, qui a Panama il tribunale decide velocemente, spesso in 48 ore, che venga disposto il sequestro immobiliare del colpevole dell’incidente al fine di pagare i danni arrecati, qualora l’assicurazione non risponda o la copertura assicurativa non sia sufficiente. Bene, se lei avesse acquistato tramite una società anonima o una fondazione, essendo una di quest’ultime la proprietaria dell’immobile e lei il beneficiario occulto, nessun tribunale avrebbe disposto alcun sequestro dell’immobile dato che legalmente non è di sua proprietà. Avrebbero dovuto accanirsi contro altre disponibilità a suo nome.

MR – Ritornando al discorso della residenza, è indispensable risiedere all’estero per avere benefici fiscali?

PI – Assolutamente si, anche se la residenza non deve essere per forza effettiva. Non serve vivere a Panama per essere residente, basta avere la residenza e aprire un conto in banca come residente, fornendo le prove necessarie, facilmente ottenibili con un buon avvocato. Ormai le banche di Panama aprono un conto solo ed esclusivamente se il cliente ha qualche vincolo con il paese.

MR – Ci descrive il procedimento per la residenza e per l’apertura di un conto corrente a Panama?

PI – Il primo giorno accompagniamo il cliente, munito di passaporto, all’ufficio immigrazione. Il giorno stesso ci rechiamo presso una banca di fiducia, dove apriamo il conto con una dichiarazione che attesta la richiesta di residenza in corso. Vanno depositati 5.000 dollari in modo che la banca produca un estratto conto da consegnare il giorno seguente all’Ufficio Immigrazione. Il terzo giorno il cliente ottiene il permesso di soggiorno provvisorio. Trascorsi 1 o 2 mesi arriva la residenza definitiva, con la quale si ritira la cosiddetta Cedula E, cioè lacarta d’identità. Con la Cedula E è possibile aprire un conto corrente per residenti in qualsiasi istituto bancario di Panama, operazione che richiede non più di 5 minuti, compreso la consegna del bancomat, della carta di credito, dei codici e delle password per operare in remoto. In tal modo si ottiene un conto per residenti che non costa nulla, dato che a Panama le banche non fanno pagare spese e non sono soggette a scambi informativi anche in assenza del segreto bancario.

MR – Sta forse dicendo che se cadesse il segreto bancario, non verrebbe comunque violata la privacy dei correntisti?

PI – Pochi sanno che a Panama, anche se cadesse il segreto bancario, nessuno subirebbe alcun danno dal momento che la Privacy Policy delle banche di Panama prevede l’apertura di conti correnti soltanto a chi è residente a Panama. Poiché ogni paese può richiedere informazioni bancarie soltanto per i propri residenti, chi ha un conto corrente a Panama non verrà in alcun modo segnalato. Inoltre, al momento, non sono previsti scambi di informazioni con altri paesi. Dopo tutto, con il 20% della popolazione che lavora nel settore bancario, in buona parte in mano ad ebrei, il paese non poteva permettersi di danneggiare i clienti delle banche e, negli anni, grazie anche al supporto della Superintendencia De Bancos, si è affinato un sistema fiscale, legale e giuridico senza uguali per chi vuole diventare panamense. In più, applicando sul cliente straniero non ancora residente una delle due diligence più severe del mondo, le banche di Panama sono diventate tra le più credibili e affidabili nel mondo offshore.

MR – Quindi non ci sarebbero conseguenze negative per i correntisti stranieri se dovesse cadere il segreto bancario a Panama?

PI – La privacy dei correntisti potrebbe essere violata soltanto se l’Italia agisse come gli Stati Uniti, che richiedono informazioni in base alla cittadinanza e non alla residenza. Ma a questo punto, nessuno al mondo sarebbe più protetto a meno che non prenda la cittadinanza panamense.

MR – Possiamo quindi dire che i paradisi fiscali hanno solo cambiato pelle?

PI – Esattamente. Se un tempo, rispettando le normative dei vari paesi, Italia inclusa, bastava aprire un conto offshore ed operare con una società offshore, oggi per fare la stessa cosa rispettando le normative internazionali, è necessario operare sulla residenza, prima che su conti correnti e società.

MR – A proposito di avvocati, lo studio per cui lavora, la Panama Immigration, di cosa si occupa esattamente?

PI – Inizialmente si occupava esclusivamente di aperture di società e di conti correnti. Oggi, soprattutto di residenze fiscali e servizi affini. Posso dire che nel 2014 abbiamo lavorato con circa un centinaio di clienti italiani solo per le residenze fiscali e il 2015 sta riconfermando questo andamento. I clienti ci contattano per ottimizzare la loro posizione fiscale, acquistando residenze o, se il caso lo richiede, cittadinanze veloci con l’emissione di un secondo passaporto. Normalmente l’apertura di conti correnti e il trasferimento di somme di denaro avviene successivamente. Inoltre, se prima i clienti erano orientati a pagare il nostro onorario tramite bonifico bancario, adesso i clienti ci contattano direttamente a Panama e decidono di pagarci personalmente. Questo da quando i conti correnti italiani hanno perso qualsiasi privacy.

Ottenere una residenza a Panama, uno degli ultimi paradisi fiscali.

MR – Ci sembra di capire che il suo studio operi principalmente con clienti italiani. Quale è il vostro cliente tipo?

PI – La Panama Immigration nasce come una società frutto delle esperienze di professionisti in vari settori, provenienti dai migliori studi di Panama, del Belize e delle Bahamas. Lo studio è autorizzato ad operare nel paese ed è regolarmente iscritto alla Camera di Commercio Panama Emprende. Lo studio opera anche tramite avvocati referenti a Nevis e Dominica. Abbiamo aperto centinaia di società e ottenuto altrettante residenze, come chiunque può verificare al registro pubblico o all’Ufficio Immigrazione di Panama. I nostri clienti sono soprattutto piccoli e medi investitori, privati cittadini di medio-alto o alto livello economico, che vogliono proteggere i propri capitali legalmente guadagnati. Tra i nostri clienti ci sono anche numerosi espatriati, generalmente tra i 18 e i 30 anni, che vogliono cambiare paese trasferendosi a Panama per ricominciare da zero. Poiché la maggior parte dei nostri clienti è italiana, il nostro personale, così come il nostro sito web, parla anche italiano, poiché sappiamo che il miglior modo di aiutare un cliente è quello di farlo sentire a casa e al sicuro.

MR – A questo punto, avvocato Stuart, non mi rimane che ringraziarla per il tempo che ci ha dedicato e, per tutti i nostri lettori che fossero interessati a conoscere meglio le possibilità offerte da Panama, come possono contattarvi?

PI – È molto semplice. Basta connettersi al nostro sito web oppure inviarci una email all’indirizzo spectra(chiocciola)protonmail.ch. Entrambi, sito web e indirizzo email, sono criptati. Avranno il massimo del supporto legale e professionale in tempi ristretti. Naturalmente, saranno i benvenuti se verranno direttamente nei nostri uffici di Panama.

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