Lo zinco al London Metal Exchange (LME) è sceso del 4,8% (3.219 dollari per tonnellata), il valore più basso dal 12 gennaio. La debacle è da ricondurre all’impennata delle scorte e alla crescita del dollaro, oltre alla domanda di metalli in Cina ancora debole, nonostante siano state cancellate le restrizioni per controllare i casi di Covid-19.
Dollaro forte, metalli deboli
Lo zinco ha esteso le perdite dopo che sono stati resi noti i dati sulla crescita dell’occupazione negli Stati Uniti, che ha subito una brusca accelerazione a gennaio. La conseguente impennata del dollaro ha depresso molti metalli poiché una valuta statunitense più forte rende le materie prime quotate in dollari più costose per tutti quegli acquirenti che utilizzano altre valute.
Ma è in Cina che si sta giocando la vera partita dello zinco, come anche quella di altri metalli. Mentre le scorte di zinco all’LME sono scese ai livelli più bassi dal 1989, sono invece aumentate vertiginosamente in Cina. Secondo Reuters, le scorte nei magazzini registrati dello Shanghai Futures Exchange (SHFE) sono più che raddoppiate dal 20 gennaio di quest’anno (hanno raggiunto le 91.616 tonnellate).
Domanda di zinco debole per tutto il primo semestre
È vero che lo zinco ha guadagnato circa l’8% da inizio anno, ma molti analisti pensano che i prezzi del metallo faranno fatica a migliorare nel corso di questo trimestre o addirittura scenderanno. Per assistere ad una ripresa sarà necessario attendere almeno fino alla seconda metà di quest’anno.
Secondo gli analisti di Capital Economics, la domanda di metalli in Cina non crescerà rapidamente come molti avevano sperato. Per un metallo come lo zinco, utilizzato non solo per l’acciaio ma anche in molti beni di consumo, ciò significa che la domanda sarà debole per tutti i primi 6 mesi del 2023.
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