Un quasi-divieto di esportare rottami ferrosi. L’Italia sceglie il protezionismo

Molte polemiche sulla nuova norma del governo Draghi che disciplina l’export di rottami ferrosi e di materie prime.

C’è una sorpresa del nuovo decreto Ucrania Bis appena approvato dal governo italiano. È la normativa sull’export di materie prime considerate critiche. L’articolo 30 del decreto prevede che i rottami ferrosi, anche non provenienti dell’Italia, costituiscono materie prime critiche e la loro esportazione fuori dall’Unione Europea (UE) è soggetta all’obbligo di notifica.

Quasi inutile dire che il provvedimento è molto controverso, visto che accontenta le acciaierie italiane a scapito delle aziende che operano nel commercio di rottami e materie prime.

Accontentate le acciaierie travolte dalla crisi energetica

Federacciai aveva chiesto di porre un freno all’uscita di materie prime dal paese per evitare il collasso del settore siderurgico, colpito dal caro energia e dalla carenza di metallo proveniente dalla Russia e dall’Ucraina. Considerando che su 24 milioni di tonnellate di acciaio prodotto in Italia, una ventina sono realizzati con il rottame, è facile capire quanto sia importante questa materia prima.

Di contro, i commercianti di rottame ne avranno un danno di non poco conto. Non tanto per il quasi-divieto di esportazione, quanto piuttosto per l’effetto depressivo sui prezzi del rottame.

Verso il crollo dei prezzi del rottame ferroso

Secondo Assofermet, le esportazioni di rottame italiano costituiscono un quantitativo esiguo e trascurabile rispetto a quanto destinato alla siderurgia nazionale e i dati lo confermano. Nel 2020 l’Italia ha esportato verso i paesi extra UE solo 450.000 tonnellate di rottame ferroso, importandone circa 307.000 tonnellate e acquistandone dai paesi UE circa 4.890 milioni di tonnellate. Tutto ciò a fronte di un consumo delle acciaierie nazionali di circa 20 milioni di tonnellate.

Quindi, le conseguenze del nuovo decreto saranno con ogni probabilità un eccesso di offerta sul mercato europeo, con il crollo delle quotazioni del rottame. Ma c’è chi pensa che l’effetto depressivo sui prezzi potrebbe colpire anche i prodotti in acciaio a valle.

Quali saranno le altre materie prime soggette a restrizioni?

Tornando al decreto in questione, viene stabilito che le imprese italiane che intendono esportare, direttamente o indirettamente, fuori dall’Unione Europea materie prime critiche o rottami ferrosi hanno l’obbligo di notificare un’informativa al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, almeno 10 giorni prima dell’avvio dell’operazione. Chi violerà la norma sarà soggetto ad una sanzione amministrativa pari al 30% del valore dell’operazione e comunque non inferiore a 30.000 euro per ogni singola operazione.

Rimane adesso da vedere quali saranno le altre materie prime critiche soggette alla restrizione, dal momento che la definizione dell’elenco è stata rimandata ad un prossimo DCPM.

Di fatto, per l’Italia è un altro passo indietro verso il protezionismo commerciale e la de-globalizzazione.

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