Quando l’alluminio costava più dell’oro

Quando soltanto l’imperatore più potente del mondo poteva permettersi di possedere pochi grammi di alluminio, nessuno avrebbe potuto immaginare la sua diffusione a macchia d’olio in tutto il mondo.

È arcinoto che l‘alluminio sia uno degli elementi più comuni sulla Terra e, di conseguenza, uno dei più economici.

Ma non tutti sanno che non è sempre stato così e che ci sono stati anni in cui valeva addirittura più dell’oro. Infatti, pur costituendo circa l’8% della crosta terrestre, la sua esistenza sotto forma metallica era sconosciuta.

Anche se i suoi composti chimici, come l’allume di potassio, erano utilizzati fin dall’antichità per la concia delle pelli o come cicatrizzanti, nessuno aveva mai neppure teorizzato la sua esistenza come metallo. Almeno fino al 1807.

Il metallo sconosciuto dentro l’allume

Fu allora che un chimico inglese, Sir Humphrey Davy, si mise in testa che l’allume era il sale di un metallo non ancora scoperto. Un metallo che Davy volle battezzare “alumium”.

A tal proposito, c’è un certo dibattito tra la comunità scientifica nell’assegnare la paternità di questa intuizione. Infatti, trent’anni prima, il chimico francese Antoine Lavoisier, aveva ipotizzato che l’ossido di alluminio avrebbe potuto esistere come metallo solido.

In ogni caso, soltanto nel 1825 viene prodotto dell’alluminio come oggi lo conosciamo. È Hans Christian Oersted che lo crea in laboratorio, pur in quantità così piccole e impure da rendere impossibile un’analisi corretta del metallo. Ma ci vollero ancora più di 25 anni perché si sviluppasse un metodo per produrre metallo su scala molto maggiore. Nel 1855, dodici piccoli lingotti di alluminio vennero esposti alla “Exposition Universelle”, una grande mostra finanziata dall’imperatore francese Napoleone III.

I gioielli di alluminio

Quasi immediatamente dopo l’esposizione, la domanda di questo metallo salì  vertiginosamente. La sua lucentezza, combinata con la sua leggerezza, lo resero un metallo da gioielleria e non passò molto tempo prima che le élite francesi indossassero spille e anelli di alluminio.

Napoleone III era convinto delle enormi potenzialità dell’alluminio, ben oltre gli usi ornamentali. Perciò, finanziò generosamente le ricerche per riuscire a produrne in grandi quantità, con in mente la possibilità di produrre armi leggere e armature per il suo esercito.

Nonostante si fosse riusciti a produrre due elmetti di alluminio, i costi per raffinare il metallo erano così elevati da far accantonare il progetto a tempo indeterminato. Ma non prima di averne fuso per ricavare delle posate da tavola fatte apposta per l’imperatore. La leggenda racconta che soltanto Napoleone III mangiava con le posate di alluminio, mentre i suoi ospiti dovevano accontentarsi di quelle d’oro!

Al di là della veridicità di questa storia, è certo che fosse assai più prezioso l’alluminio che non l’oro, dal momento che era assai molto più difficile entrarne in possesso. Ecco perché, in quegli anni, l’alluminio era il metallo più costoso del mondo: 1.200 dollari al chilogrammo, quando l’oro valeva circa 650 dollari al chilogrammo.

Ma tutto cambiò nel 1886. Paul Lois Toussaint Héroult e Charles Martin Hall, uno in Francia e l’altro negli Stati Uniti, scoprirono quasi contemporaneamente che si potevano facilmente ottenere grandi quantità di metallo mediante elettrolisi. E due anni dopo, Karl Bayer scoprì come ottenerlo in modo ancora più economico dalla bauxite.

In una sola notte i prezzi crollarono dell’80%!

In pochi anni, l’alluminio era passato dall’essere il metallo più costoso sulla Terra al più economico.

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