George Soros, il celebre miliardario e finanziere naturalizzato americano, ha speso milioni nella lotta al cambiamento climatico, finanziando associazioni per lo sviluppo di energia pulita.
Ciò nonostante sembra che abbia deciso di investire nel carbone.
Secondo The Guardian, il Soros Fund Management (SMF) ha speso oltre 2 milioni di dollari nell’acquisto di azioni della Peabody Energy e della Arch Coal, due società quotate al New York Stock Exchange (NYSE). Entrambe sono state sotto pressione a causa del crollo dei prezzi del carbone e hanno visto le quotazioni delle azioni scendere di oltre il 90% rispetto all’anno scorso.
I prezzi del carbone metallurgico hanno toccato quest’anno i minimi da 11 anni a questa parte, mentre i futures del carbone termico sono arrivati recentemente a 52 dollari per tonnellata, il livello più basso degli ultimi 12 anni. Il mercato sembra addirittura destinato a peggiorare a causa dell’eccesso di offerta e dell’indebolimento della domanda dell‘India e della Cina.
La situazione è diventata così grave che alcuni produttori americani di carbone hanno recentemente presentato domanda di amministrazione controllata, prima di arrivare alla bancarotta.
Tuttavia, per Soros, la situazione è così disastrosa da aver creato un’opportunità. Il fondo di investimento del miliardario ora possiede 1 milione di azioni di Peabody e 500.000 azioni di Arch Coal. Questa non è la prima volta che Soros investe nel carbone: nel 2014 aveva comprato circa 234 milioni di dollari in azioni di un altro grande produttore di carbone statunitense, Consol Energy.
Qualcuno crede che Soros voglia approfittare della azioni di società carbonifere a buon mercato prima di una inversione di tendenza del settore. Anzi, avrebbe contribuito a far scendere i prezzi delle azioni, comprandone poi in gran numero, pronto a venderle e a realizzare un profitto enorme al primo rimbalzo.
Ma c’è anche chi ipotizza un movente completamente diverso. Il miliardario avrebbe un piano per il clima: se acquista abbastanza azioni da avere il controllo di queste società può chiuderle, lasciando tutto il carbone inutilizzato (le due aziende hanno riserve di carbone dimostrabili di circa 11 miliardi di tonnellate) e contribuendo attivamente a salvare l’ambiente.
Certamente il carbone, come molte altre materie prime, ha raggiunto prezzi talmente bassi da offrire potenziali enormi di guadagno in caso di inversione del trend e l’entrata in campo di un personaggio del calibro di Soros ha riacceso l’attenzione di tutti gli investitori sul settore energetico e su quello dei metalli industriali.