La nuova sfida per l’Europa è nei Balcani

Per chi ha perso il treno per investire nella produzione in paesi come Polonia o Repubblica Ceca, potrebbero aprirsi buone opportuità nei paesi dei Balcani, in procinto di entrare nella UE e con un bassissimo costo del lavoro.

In alcuni stati dell’Europa Orientale, si è venuto a creare un ambiente favorevole per la crescita di nuove imprese, grazie alla riduzione del costo dei terreni e della manodopera, oltre che dell’ampio sostegno finanziario da parte dell’Unione Europea (UE).

In questa parte del Vecchio Continente, caratterizzata dall’esistenza di uno stato di diritto, di un buon livello di istruzione e di un’etica del lavoro diffusa, nel corso degli ultimi 20 anni si è assistito ad una specie di rivoluzione industriale. Paesi come la Polonia e la Repubblica Ceca hanno consentito a molte aziende manifatturiere estere di prosperare e svilupparsi, oltre che di portare ricchezza alla popolazione locale.

Tuttavia, per le aziende che volessero stabilirsi oggi in uno di questi mercati, potrebbe essere un po’ troppo tardi. Infatti, le migliori opportunità di profitto sono al tramonto. Anche se, nuovi paesi stanno arrivando…

In fila per entrare nella UE

Nelle scorse settimane si è tenuto un vertice UE in Bulgaria per esaminare la possibile adesione dell’Albania e dei cinque paesi dell’ex Jugoslavia. Se da una parte ci sono ottime ragioni politiche per vincolare una regione così strategicamente importante, dall’altra l’Europa teme per gli alti livelli di criminalità e corruzione dei Balcani. Ma anche l’autoritarismo e le dispute tra fazioni e partiti diversi che, alla fine del secolo scorso, hanno portato alla guerra.

Secondo il Financial Times, il Montenegro ha iniziato i negoziati di adesione nel 2012 e la Serbia nel 2014, con la speranza per entrambi di essere ammessi nella UE entro il 2025. L’arrivo al traguardo non è ancora scontato, dal momento che paesi come la Spagna potrebbero essere un ostacolo. Infatti, Madrid, è una delle cinque capitali europee che non riconosce nemmeno il Kosovo come stato indipendente.

I salari più bassi d’Europa

Comunque, per quanto riguarda le imprese, l’ammissione di uno o più di questi paesi dei Balcani rappresenta una grossa opportunità.

Bruxelles, non farà certo mancare i fondi alla zona balcanica quando farà parte della UE. Inoltre, con bassi costi di manodopera, le aziende che investiranno nella produzione potrebbe trarne vantaggi.

I salari di questi paesi sono i più bassi d’Europa, paragonabili soltanto a quelli delle ex repubbliche sovietiche, come la Bielorussia e l’Ucraina. Il salario medio in Serbia, per esempio, è di 45.000 dinari serbi al mese (circa 400 dollari), con lo stipendio minimo di 22.628 dinari netti. È uno dei salari netti minimi più bassi di tutto il continente. Con stipendi così bassi, è facile ottenere un sostanziale miglioramento degli standard di vita, mantenendo comunque competitivi i costi del lavoro.

Sarà interessante vedere se gli attuali stati dell’UE spingeranno per includere anche i Balcani o se, dopo la Brexit, preferiranno chiudersi in sé stessi.

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