Mai sentito parlare della legge di Moore?
Per l’industria elettronica mondiale, negli ultimi 40 anni, è stato l’assioma che ne ha guidato l’incredibile sviluppo di tutto il settore. La legge di Moore dice che i dispositivi elettronici raddoppiano la propria velocità e capacità ogni circa due anni. Cosa che fino ad ora si è verificata, con il numero di transistor inseriti in un chip che sono circa il doppio ogni 24 mesi.
I transistor, minuscoli interruttori elettrici, sono l’unità fondamentale che fa funzionare tutti i gadget elettronici che conosciamo, sempre più piccoli, ma anche più veloci e con un consumo di energia elettrica sempre inferiore.
Ma nel nuovo secolo, la domanda che angoscia il mondo della tecnologia è: fino a quanto potremo fare transistor sempre più piccoli? Non è irragionevole pensare che esista un limite oltre il quale non sia possibile spingersi e, quando lo dovessimo raggiungere, l’intera industria elettronica, che fattura miliardi di dollari, potrebbe smettere di crescere.
Attualmente, i transistor prodotti da aziende come Intel, hanno dimensioni di 14 nanometri, circa 14 volte più grandi di una molecola di DNA. Sono fatti di silicio, il secondo materiale più abbondante sul nostro pianeta, che ha una dimensione atomica di circa 0,2 nanometri. Perciò, i transistor di oggi, sono circa 70 volte più grandi degli atomi di silicio, cioè molto vicini al limite oltre il quale non sarà possibile scendere.
Ma se si utilizzassero dispositivi diversi dai transistor, per esempio utilizzando la luce anziché l’energia elettrica, i fotoni anziché gli elettroni, le cose cambierebbero radicalmente. Usando la luce, fatta di fotoni, invece di energia elettrica, potremmo fare transistor ancora più veloci.
Le particelle subatomiche come gli elettroni e i fotoni viaggiano seguendo un movimento ondulatorio e la loro lunghezza d’onda dipende dal mezzo che attraversano. Nel silicio la lunghezza d’onda più efficiente per i fotoni è di 1,3 micrometri, molto piccola ma maggiore di quella degli elettroni.
Perciò, i dispositivi per gestire fotoni devono essere più grandi rispetto a quelli elettronici. In altre parole, potremmo mantenere chip delle stesse dimensioni di quelli attuali, ma fornire maggiore potenza di elaborazione.
Un circuito integrato fotonico potrebbe generare fotoni che viaggiano nei chip grazie a microscopiche lenti e specchi. La luce è molto più veloce degli elettroni, circa 20 volte di più in un chip. Ciò significa che i computer con chip fotonici sarebbero 20 volte più veloci, un aumento di velocità che richiederebbe probabilmente circa 15 anni di lavoro con le attuali tecnologie.
Cosa manca per avere computer fotonici commercialmente pronti all’uso?
In questi ultimi anni gli scienziati hanno fatto grandi progressi verso i chip fotonici e la sfida più importante è quella di fare in modo che i nuovi chip a base di luce possano lavorare con tutti i chip elettronici esistenti.
Ma il progresso richiede tempo e c’è ancora po’ di strada da fare prima che dispositivi fotonici arrivino sul mercato, anche se non ci sono molti dubbi sul fatto che il futuro dell’elettronica sarà fotonico.