Arriverà dalla Serbia il litio per l’Europa. Ma chi pagherà i costi ambientali?

Mentre l’Europa preme per raggiungere l’autosufficienza nella tecnologia delle batterie, Rio Tinto si sta muovendo per aprire in Serbia la più grande miniera di litio del continente.

L‘Europa vorrebbe ottenere prima possibile l’autosufficienza per quanto riguarda le materie prime che servono per la produzione di batterie. Contemporaneamente, si sta battendo per proteggere l’ambiente dai cambiamenti climatici e dall’opera distruttiva dell’uomo.

Purtroppo, quasi sempre, strappare materie prime dal grembo di Madre Natura ha conseguenze negative, o molto negative, sull’ambiente e sul clima. Un costo da pagare per il progresso, almeno come fino ad oggi lo abbiamo conosciuto.

La più grande miniera di litio d’Europa

Questa contraddizione, sta lacerando la Serbia dove, a luglio, Rio Tinto ha annunciato che avrebbe investito 2,4 miliardi di dollari in un progetto nella valle di Jadar, per costruire quella che si dice sarà la più grande miniera di litio d’Europa e una delle più grandi al mondo.

Rio Tinto stima che la miniera potrà operare per almeno 40 anni, producendo 2,3 milioni di tonnellate di carbonato di litio all’anno, un minerale fondamentale per le batterie per veicoli elettrici e per lo stoccaggio di energia rinnovabile. Inoltre, produrrà 160.000 tonnellate di acido borico che serve, per esempio, per i pannelli solari e per le turbine eoliche. La miniera riuscirà a produrre litio sufficiente a più di 1 milione di auto elettriche all’anno, un mercato che le previsioni danno in espansione da 1,2 milioni di veicoli nel 2017 ad almeno 23 milioni nel 2030 (dati dell’International Energy Agency).

Attualmente, l’Unione Europea importa tutto il suo litio per batterie dall’Australia, dall’America Latina e dalla Cina. L’industria automobilistica europea ha terribilmente bisogno di litio per i prossimi anni e in gioco c’è la competitività e l’esistenza stessa di tutto il settore. Insomma, produrre litio all’interno del continente è una priorità.

La storia di Rio Tinto è ricca di profitti per gli azionisti ma anche di disastri ambientali per le comunità locali

Ma, come accennato, estrarre minerali non è mai a costo-zero per l’ambiente, tanto più per una società come Rio Tinto, con una storia ricca di successi aziendali (nel 2020 ha registrato profitti al netto delle tasse di 10,4 miliardi di dollari) ma accusata da più parti di corruzione, degrado ambientale e violazioni dei diritti umani.

Ad oggi, la multinazionale anglo-australiana ha in corso una causa civile con la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti che accusa la compagnia di frode nelle sue miniere di carbone in Mozambico. Ciò fa seguito a una multa di 27,4 milioni di sterline nel 2017 nel Regno Unito per violazione delle regole di divulgazione e trasparenza. L’anno scorso, l’allora amministratore delegato si è dimesso dopo che la società ha deliberatamente fatto esplodere, per far spazio ad una miniera, uno dei siti di ricerca archeologica più importanti dell’Australia. Sempre Rio Tinto, in Papua Nuova Guinea, dove gestiva una miniera di rame e oro a Panguna, ha scaricato nel delta del fiume Kawerong-Jaba 1 miliardo di tonnellate di rifiuti minerari, provocando danni ambientali catastrofici.

È quindi comprensibile l’ansia e la rabbia degli attivisti serbi che sono scesi per le strade delle città di Loznica e Belgrado negli ultimi mesi affermando di essere testimoni di un disastro in corso nell’area dove Rio Tinto estrarrà litio da vendere alla UE.

Rio Tinto fa esattamente quello che il mercato chiede a gran voce

Come ha riportato The Guardian, l’ottenimento di litio nella minera della valle di Jadar comporterà un pesante tributo ambientale, generando 57 milioni di tonnellate di rifiuti (materiale roccioso e detriti industriali) durante la vita della miniera. Sarà necessaria acqua nella quantità di 6-18 litri al secondo, ovvero circa 1,3 litri di acqua per ogni chilo di prodotto. Secondo una professoressa di Chimica Ambientale dell’Università di Belgrado, i bacini dei fiumi Drina e Sava, da cui circa 2,5 milioni di persone vengono rifornite di acqua, sono in pericolo. Inoltre, ci saranno danni per più di 145 specie protette, da lupi, castori e pipistrelli a salamandre, tartarughe palustri, libellule e pesci.

Estrarre minerali come il litio è certamente un potenziale danno per l’ambiente e, in questo caso, chi fa il lavoro sporco è Rio Tinto. Ma non dimentichiamoci che il mandante di questo lavoro sporco è l’Unione Europea o, più in generale, i consumatori europei.

L’Europa è disposta a pagare i costi ecologici per l’estrazione di litio?

Come ha scritto Lucas Bednarsk, autore di “Lithium: The Global Race for Battery Dominance“, l’Europa dovrebbe accollarsi tutti i costi ecologici degli scavi per il litio di cui ha bisogno, anche per quello importato dall’Australia, dall’America Latina e dalla Cina.

Visto che si prevede che le batterie per veicoli elettrici e rinnovabili aumenteranno la domanda di litio di quasi il 6.000% entro il 2050, perché nessuno si pone il problema se non sia il caso di ridurre la domanda? A nessuno viene il dubbio che siamo arrivati a livelli esagerati di estrazione mineraria, soltanto per soddisfare le esigenze di ricchi e viziati consumatori che vogliono sempre in tasca l’ultimo modello di iPhone e che poi si scandalizzano quando le società minerarie saccheggiano e devastano l’ambiente per procurare le risorse indispensabili a far funzionare l’ultimo gadget elettronico che tutti vogliono?

Prima o poi, soprattutto noi europei, saremo costretti a porci queste domande. Speriamo solo che quando questo dubbio ci attraverserà i pensieri non sia troppo tardi per il nostro pianeta.

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