Ricercatori statunitensi hanno sviluppato un nuovo tipo di metallo, altamente trasparente ed elettricamente conduttivo.
Il suo costo è inferiore al 5% del costo degli schermi attuali e potrà essere impiegato come display per gli smartphone o per costruire enormi “finestre intelligenti” per le abitazioni.
Attualmente, il principale problema dei display in commercio è costituito dal materiale con cui vengono prodotti, l’ossido di indio e stagno (ITO), da cui dipende oltre il 90% di tutto il mercato. Un materiale che non è per nulla a buon mercato, passato dai 200 dollari per chilogrammo nel 2004 a più di 1.000 dollari nel 2006, per scendere a circa 750 dollari negli ultimi anni.
L’ITO può costituire il 40% del costo di uno smartphone o di un tablet. Mentre il costo dei chip di memoria e dei processori continua a scendere, quello dell’ossido di indio e stagno è un freno allo sviluppo e al miglioramento delle tecnologie per schermi e display.
Da tutte queste considerazioni è iniziato il lavoro dei ricercatori della Pennsylvania State University (Stati Uniti) che hanno cercato di sostituire l’ossido di indio-stagno con qualcosa che avesse la stessa trasparenza ottica, conducibilità elettrica ed efficienza produttiva. Così è nata una strana nuova classe di metallo, chiamato metallo correlato.
Il team di scienziati ha sviluppato un film sottile 10 nanometri di metallo correlato, con una struttura molecolare unica. Mentre nella maggior parte dei metalli, come per esempio rame, oro, argento e alluminio, gli elettroni scorrono come una nube di gas, nel metallo correlate si muovono un po’ come un liquido, permettendo al materiale di cambiare fasi a seconda di come viene utilizzato. In poche parole, quando il metallo correlato viene esposto alla luce, diventa meno riflettente e, in tal modo, molto più trasparente.
Un metallo correlato a base di vanadato di stronzio e vanadato di calcio è molto a buon mercato. Questo perché i materiali di base sono più abbondantemente distribuiti sulla crosta terrestre. Il vanadio costa circa 25 dollari al chilogrammo e lo stronzio ancora meno.
Lo studio, pubblicato su Nature Materials, potrebbe cambiare radicalmente anche il settore delle celle fotovoltaiche, con costi considerati fino ad oggi irraggiungibili.