Stagflazione e crisi rinforzano l’oro. I 1.900 dollari sono vicini?

Stanno emergendo importanti segnali che potrebbero favorire i prezzi dell’oro e, allo stesso tempo, preannunciare tempi bui per molte economie.

Le quotazioni dell’oro si stanno riprendendo tanto che, dal minimo di luglio di 1.680 dollari per oncia troy, sono oggi (9 agosto) a circa 1.800 dollari, un’aumento di circa il 7%.

Il sentimento del mercato è cambiato? Cominciano a pesare le preoccupazioni per la crescita globale e le persistenti pressioni inflazionistiche? Ma, soprattutto, quali sono le prospettive per il metallo giallo a medio termine?

Cominciamo con il dire che sui mercati finanziari i volumi delle posizioni lunghe (le scommesse al rialzo) dei traders stanno crescendo. Si tratta di un buon indicatore di una tendenza al rialzo del prezzo dell’oro. Secondo l’ultimo rapporto settimanale della Commodity Futures Trading Commission americana, le posizioni speculative nette sull’oro sono aumentate del 34% nella settimana terminata il 2 agosto, rispetto alla settimana precedente. Questo segna il più grande aumento settimanale delle posizioni speculative nette sull’oro di quest’anno.

Sul fronte monetario, la Federal Reserve americana (FED) e le altre banche centrali continuano nella lotta al contenimento dell’inflazione. In ogni caso, l’inflazione persisterà, come ha riconosciuto la Bank of England (BOE). Naturalmente, un’inflazione alta esercita una pressione al rialzo sull’oro.

Guardando invece all’analisi tecnica, ci sono due livelli da non perdere di vista. Il primo è a 1.828 dollari (38,2% di Fibonacci dei massimi/minimi del 2022) e il secondo a 1.875 dollari (50% di Fibonacci). Una rottura di queste soglie aprirebbe le porte ai 1.900 dollari.

La stagflazione non ci lascerà tanto presto

Mentre gli Stati Uniti sono entrati in una recessione tecnica nel primo trimestre dell’anno, il loro mercato del lavoro resta eccezionalmente robusto. Adesso, la FED vorrebbe raffreddare bruscamente e rapidamente un mercato del lavoro che potrebbe portare a pressioni salariali e ad un aumento dell’inflazione al consumo.

Da noi in Europa la situazione è ben più grave, con la fiducia dei consumatori crollata ai livelli pre-recessione, nel bel mezzo di una crisi energetica del gas e con l’inflazione alle stelle. Le deboli prospettive economiche e un’inflazione persistentemente elevata creano le condizioni per una fase prolungata di stagflazione. Per l’oro si tratta di condizioni favorevoli che, storicamente, hanno spinto le quotazioni verso l’alto (come accadde negli anni ’70).

L’aumento dei tassi di interesse non riuscirà a tenere sotto controllo l’inflazione

Considerando invece l’andamento dei tassi d’interesse che quest’anno è stato un grosso freno ai prezzi dell’oro, sembra che qualcosa stia cambiando. Fino ad ora i rendimenti più elevati dei Titoli di Stato americani e un dollaro più forte hanno impattato negativamente sul metallo giallo perché aumentano il costo di detenere un asset non redditizio come l’oro.

Tuttavia, a differenza dei precedenti rialzi dei tassi da parte della FED, il recente aumento dei rendimenti biennali statunitensi non ha comportato un calo dei prezzi dell’oro che invece sono aumentati. Di conseguenza, questo potrebbe essere un segnale che la relazione negativa tra l’oro e i tassi di interesse attesi dalla FED sta iniziando a scomparire. In pratica, significa che gli investitori cominciano a credere che l’aumento dei tassi di interesse da parte delle banche centrali non sarà più sufficiente per tenere sotto controllo l’inflazione.

Tutto ciò considerato, le aspettative dei rialzisti di vedere presto i prezzi dell’oro a 1.900 dollari non sono per nulla ingiustificate.

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