La scorsa settimana la Cina ha lanciato il suo fixing dell’oro in yuan, come strumento indispensabile per allargare la propria influenza sul mercato dell’oro mondiale.
Come avviene al fixing di Londra, i prezzi vengono fissati due volte al giorno e si riferiscono ad un contratto da un chilogrammo di oro. Il primo prezzo partorito dai 18 partecipanti allo Shanghai Gold Exchange è stato di 256,92 yuan per grammo (1.234,49 dollari per oncia).
È abbastanza naturale che la Cina voglia aumentare la propria influenza sui prezzi, dal momento che è il primo produttore e consumatore di metallo giallo nel mondo.
Come ha dichiarato il vice governatore della People’s Bank of China, il nuovo fixing servirà a promuovere l’internazionalizzazione del mercato dell’oro cinese.
La fissazione dei prezzi dell’oro è stata monopolizzata, per oltre un secolo, dalla London Bullion Market Association (LBMA), spesso accusata di mancanza di trasparenza e di manipolazione dei prezzi. Tant’è vero che Deutsche Bank ha recentemente ammesso di aver manipolato i prezzi di oro e argento. Perciò, dall’inizio del 2015, il tradizionale fixing di Londra è stato sostituito da un meccanismo elettronico.
Secondo gli analisti di Societe Generale il nuovo fixing cinese avrà ripercussioni globali limitate. Pur essendo uno sviluppo importante e con con grandi potenzialità, finché sarà all’interno di un sistema monetario chiuso e con molti ostacoli come quello cinese non potrà influenzare il mercato internazionale in modo significativo.
Tuttavia, la Cina farà di tutto per mostrare al mondo che il prezzo del suo fixing è corretto, equilibrato e rappresentativo del mercato e che non vi è alcuna manipolazione.
Sarà comunque un trampolino di lancio per il nuovo asse di mercato tra Londra, New York e Shanghai, un segno del continuo spostamento della domanda di oro dall’Occidente all’Oriente.