È abbastanza chiaro che i prezzi del rame nei prossimi mesi dipenderanno quasi esclusivamente dalla recessione globale. Tuttavia, ad oggi, stiamo assistendo ad un recupero delle quotazioni dopo il crollo di giugno e luglio (oggi, 18 agosto, il rame LME a 3 mesi vale 8.016 dollari per tonnellata).
Cinque mesi fa, all’inizio di marzo, il rame era quasi arrivato a 11.000 dollari per tonnellata, un livello che però non è riuscito a mantenere a lungo. A metà luglio, infatti, i prezzi sono arrivati a 7.000 dollari e, da lì, hanno recuperato circa il 15%.
Secondo l’analisi tecnica i ribassi sono terminati
Un rimbalzo che potrebbe mettere in dubbio il rally ribassista cominciato a metà giugno sull’onda delle crescenti preoccupazioni per il rallentamento dell’economia globale e per il continuo inasprimento della politica monetaria della Federal Reserve americana (FED). Secondo l’analisi tecnica, i grafici del rame mostrano che il trend al ribasso dei prezzi, grazie ai rialzi delle ultime settimane, si sta avvicinando all’esaurimento.
Tuttavia, le notizie che arrivano dal fronte economico sono piuttosto negative. In Cina gli ultimi dati sulla produzione industriale di luglio sono deludenti, rinforzando le paure per la mancata ripresa del più importante paese consumatore di rame del mondo. Il gigante asiatico consuma circa il 52% del rame raffinato globale, mentre ne produce circa il 41%.
Anche i dati provenienti dagli Stati Uniti sono preoccupanti. L’Empire State Manufacturing Index di New York è crollato a -31,3 questo mese, scendendo al minimo da oltre 2 anni.
In Europa non tira certo un’aria migliore. L’inflazione nel Regno Unito ha toccato a luglio il 10,1%, un nuovo massimo da 40 anni. Nell’eurozona l’inflazione è al 8,9%, quando 12 mesi orsono era del 2,2%.
La crisi delle forniture di metallo si aggraverà
Tutti questi fattori hanno avuto un impatto significativo sui prezzi del rame che, come spesso avviene, li hanno anticipati.
Tuttavia, l’aumento dei prezzi del gas naturale e dell’energia, che dovrebbero continuare a crescere nei prossimi mesi, potrebbe sostenere o addirittura spingere verso l’alto i prezzi. Infatti, diverse fonderie hanno già chiuso a causa dei costi energetici troppo elevati e altre potrebbero seguire, aggravando la crisi delle forniture di rame.
Previsioni di prezzo da qui a fine anno
Allargando lo sguardo a cosa potrebbe accadere da qui a fine anno, UBS pensa che i prezzi del rame rimarranno bassi. Infatti, la banca d’investimento svizzera ha recentemente ridotto le previsioni di crescita della Cina dal 4,2% al 3%, per gli effetti di Omicron e della politica cinese Zero-Covid che penalizza l’attività manifatturiera e industriale del paese. È probabile che la ripresa cinese rimanga ancora piuttosto lenta.
Anche JP Morgan ha abbassato le sue previsioni riguardo alla Cina, dal 4,3% al 3,7%. Stessa linea per il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che ha ridotto le previsioni di crescita cinese dal 4,8% al 4,4%.
Di contro, diverse aziende minerarie del settore (MMG, Southern Copper, Antofagasta, BHP e Vale) hanno recentemente rivisto al ribasso le previsioni sulla produzione di rame per l’intero anno, a causa di una tutta una serie di fattori come la siccità, le proteste dei lavoratori e l’aumento dei prezzi del gas.
Tutto ciò considerato, secondo Fitch Solutions, il rame potrebbe arrivare a circa 9.470 dollari per tonnellata entro la fine dell’anno. Anche Citi è rialzista e ritiene che il metallo rosso potrebbe toccare circa 10.750 dollari per tonnellata entro il 2030. Più pessimista invece la Banca Mondiale che prevede che i prezzi salgano a circa 10.100 dollari per tonnellata nel 2022, per poi diminuire nei prossimi anni.
Come per altri metalli, anche nel caso del rame le incertezze sulle prospettive future la fanno da padrone, come raramente era accaduto in passato. L’unica certezza è che ci sarà una crisi della domanda e una crisi dell’offerta. Quanto grave saranno e quale delle due prevarrà, determinerà le sorti del prezzo del metallo rosso.
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