La domanda di argento è in aumento a livello globale.
Come noto, il metallo bianco prospera soprattutto in tempi di incertezza economica e politica e i recenti eventi mondiali lo hanno riportato all’attenzione degli investitori come bene rifugio.
Ma allo stesso tempo, le forniture di argento sono in contrazione e, secondo uno studio di Capital Economics, la produzione mineraria d’argento è diminuita di circa il 2% nel 2016 e il calo è destinato a proseguire anche quest’anno, di almeno un altro 4%.
CPM Group sottolinea come la produzione sia diminuita lo scorso anno per la prima volta dal 2011 e gli analisti di HSBC prevedono, per quest’anno, una discesa a 27.122 tonnellate, contro le 27.588 tonnellate del 2016. Una discesa causata soprattutto dai tagli alla produzione effettuati dalle grandi società minerarie, come BHP Billiton, Nyrstar e Glencore, che ottengono l’argento come sottoprodotto di altri metalli.
Anche se qualcuno ha manifestato l’intenzione di riavviare parte della produzione nei prossimi mesi, ciò non sarà sufficiente a fermare la caduta delle forniture per quest’anno. Si pensa che alcune società minerarie riavvieranno la produzione di zinco e piombo, grazie ai prezzi in crescita di questi due metalli e, di conseguenza, cominceranno a ottenere argento come sottoprodotto. Tuttavia, ci vorrà del tempo e gli effetti della ripresa delle produzioni potrebbero iniziare a farsi sentire soltanto nel 2018.
Naturalmente, quello che maggiormente interessa agli investitori sono gli effetti che il calo delle forniture avranno sul prezzo. Secondo gli analisti, il calo delle forniture sarà temporaneo e non necessariamente avrà un effetto benefico sulle quotazioni dell’argento. Al contrario, saranno i fondamentali della domanda ad essere determinanti nel dare una direzione ai prezzi.
Ecco perché Capital Economics prevede un prezzo dell’argento di 14,50 dollari entro la fine del 2017 e di 17,50 dollari per la fine del 2018.
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