Tra i numerosi elementi strani della tavola periodica ne esiste uno davvero particolare, anche perché si tratta dell’unico elemento scoperto in Italia e che avrebbe potuto chiamarsi Italium o Panormus (Palermo), visto che a quell’epoca era di moda usare il nome di dove avveniva la scoperta. Ma invece fu chiamato Technetium (Tecnezio), che deriva dal greco e significa “artificiale”.
Il buco 43: misterioso e super instabile
Quasi tutti gli elementi che conosciamo sono stati scoperti in natura, ma ci sono parecchi elementi nella tavola periodica che sono stati creati in laboratorio. Tra questi, c’è anche il Tecnezio, che è l’elemento 43, circondato da elementi stabili come molibdeno, manganese, renio e rutenio. La cosa buffa è che tutti i suoi isotopi sono radioattivi, quindi è super instabile. Inoltre, può vantare di essere il primo elemento creato dall’uomo in laboratorio.
Dato che è così instabile, se il Tecnezio esisteva quando si è formato il nostro sistema solare, si è già trasformato in altri elementi. Tuttavia, gli scienziati hanno scoperto che in alcuni posti strani dell’universo, il Tecnezio si forma in modo completamente naturale.
Ma facciamo un passo indietro nel tempo e arriviamo all’epoca di Dmitri Mendeleev e della sua tavola periodica che, anche quando divenne famosa, era piena di buchi. I buchi erano spazi vuoti per gli elementi che ancora non erano stati scoperti. Tra questi c’era un buco per il gallio, il germanio e lo scandio, che però vennero presto riempiti dalla scoperta di questi elementi, mentre il buco numero 43 rimaneva un mistero.
La grande intuizione di Emilio Segré e Carlo Perrier
Ci furono un sacco di tentativi falliti di scoprire questo elemento, ma sembrava che il suo destino fosse di rimanere sconosciuto, almeno fino al 1937. Fu allora che due scienziati italiani, Emilio Segré e Carlo Perrier, presero in mano la situazione…
Quasi per caso, studiando delle strisce di molibdeno irradiate in un acceleratore di particelle negli Stati Uniti e gettate quasi nella spazzatura dagli scienziati americani, scoprirono (erano nell’Istituto di Fisica dell’Università di Palermo) che l’elemento 43 era stato creato per sbaglio nell’acceleratore. Segré e Perrier evitarono di dare un nome nazionalistico all’elemento e scelsero il nome di “Technetium“, che suona molto più neutrale e appropriato.
Tonnellate di tecnezio… per iniettarlo nel sangue delle persone
Al giorno d’oggi produciamo tonnellate di tecnezio, ma non è certo un metallo (di transizione) facile da ottenere. I collezionisti di minerali è meglio che si scordino di poterlo annoverare nella propria collezione, visto che le agenzie governative non sarebbero molto contente di inviare un pezzo di scorie nucleari radioattive a casa di qualche cittadino. Tuttavia, esistono altri tipi di reattori nucleari naturali che generano tecnezio, non attraverso la fissione, ma la fusione: le stelle particolari, che contengono elevate quantità di metalli pesanti come il tecnezio.
Ma cosa ne facciamo delle tonnellate di tecnezio che attualmente produciamo? Per nostra fortuna, e per quella di molte persone malate, lo produciamo per iniettarlo nel flusso sanguigno delle persone.
Il tecnezio, come abbiamo visto, è piuttosto radioattivo. Mescolandolo con un’altra sostanza chimica che si lega alle cellule cancerose e immettendolo poi nel corpo del paziente, i medici possono creare un’immagine che mostra l’esatta dimensione, forma e posizione dei tumori. Il tecnezio si decompone nel giro di poche ore, quindi le radiazioni non rappresentano un rischio significativo per il paziente.
Per quanto spaventoso e pericoloso possa sembrare, l’imaging con tecnezio è una procedura salvavita eseguita milioni di volte ogni anno. Milioni di persone in tutto il mondo hanno regolarmente a che fare con l’elemento 43, anche se in una condizione di salute non invidiabile, ma per la quale il tecnezio può contribuire in modo significativo alla guarigione.
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