Siamo pronti a combattere per il carburante del futuro (terre rare)?

Finalmente, sembra che l’Europa voglia correre ai ripari per ridurre la dipendenza dalle importazioni di terre rare dalla Cina.

Anche l’Europa, dopo anni di immobilismo, ha capito che se non riprenderà il controllo della sua catena di fornitura per le terre rare rischia di fallire l’obbiettivo della transizione energetica, oltre a mettere a rischio la propria sicurezza militare.

Come ormai tutto il mondo ha capito, questi minerali critici dipendono pericolosamente dalla Cina. È il gigante asiatico che domina il mercato globale delle terre rare, soprattutto per quanto riguarda la lavorazione e la produzione di magneti.

La dipendenza dalle terre rare cinesi è una minaccia per la transizione energetica

Sono proprio i magneti permanenti, che normalmente si basano su neodimio-ferro-boro, ad essere indispensabili nelle moderne tecnologie, a partire dai robot fino ad arrivare ai frigoriferi e agli altoparlanti per laptop e smartphone. Ma servono anche per i motori dei veicoli elettrici (EV) e per le turbine eoliche, senza i quali non ci sarà transizione energetica.

Per avere un’idea più precisa di quale ruolo giochi la Cina in questo mercato, si può ricorrere ad un confronto che tutti conoscono. L’OPEC controlla il 41% della produzione di petrolio globale e, grazie a ciò, ha esercitato un enorme potere geopolitico per decenni. Questa dipendenza petrolifera ha costretto sia l’Europa che gli Stati Uniti a sviluppare con la massima urgenza catene di approvvigionamento alternative. Nel caso delle terre rare invece, solo oggi, nonostante la Cina controlli circa il 60% delle terre rare, producendo l’85% degli ossidi e rappresentando oltre il 95% della produzione di terre rare, l’Occidente sta iniziando a rendersi conto del pericolo, ma sta ancora discutendo sul da farsi.

Una questione di sicurezza nazionale

Negli Stati Uniti la questione ha sollevato molti dibattiti. Infatti, le terre rare sono decisamente importanti per la sicurezza nazionale, visto che molti degli armamenti più sofisticati ne contengono in quantità significative. Armi a guida di precisione, tecnologia stealth, droni e satelliti sono soltanto alcuni dei pezzi chiave della difesa strategica americana che fanno affidamento sulle terre rare. Ogni aereo da combattimento F-35, che viene usato anche da 14 paesi alleati (tra cui l’Italia), contiene circa 420 chilogrammi di terre rare. Considerando che l’F-35 è considerato dagli esperti uno strumento cardine in caso di guerra, è facile capire perché si parla di terre rare in termini di risorse strategiche.

Come accennato, adesso tocca all’Europa muoversi. Secondo Reuters, l’Unione Europea (UE) importa circa 16.000 tonnellate all’anno di magneti in terre rare dalla Cina, che rappresentano circa il 98% del proprio fabbisogno.

Inoltre, la domanda di magneti aumenterà con l’aumento della produzione e delle vendite di veicoli elettrici. I numeri in termini prospettici sono abbastanza impressionanti. Circa il 95% di tutti i veicoli elettrici utilizza motori a trazione contenenti terre rare. Inoltre, si prevede che soltanto questo settore a livello globale aumenterà i consumi dalle 5.000 tonnellate all’anno (2019) alle 70.000 tonnellate nel 2030.

Anche se il mercato globale dei magneti è considerato relativamente piccolo (circa 6,5 ​​miliardi di euro), il suo potere di leva a valle è enorme visto che il settore della mobilità elettrica nell’Unione Europea crescerà fino a circa 400 miliardi di euro e sei milioni di posti di lavoro entro il 2030. Adesso come adesso, tutti a rischio di interruzione della fornitura di magneti.

L’esternalizzazione competitiva non sempre funziona

D’altronde, in Occidente, il capitalismo del libero mercato sostiene da tempo l’esternalizzazione competitiva verso la Cina, nonostante in alcuni casi ci siano pericolose implicazioni strategiche. La Cina ha avuto decenni per sviluppare una capacità industriale nel settore delle terre rare, salvaguardandola dagli sfidanti del libero mercato globale. Ormai, il settore privato in Occidente, da solo, non è in grado di correggere questo squilibrio senza un intervento a livello statale. Europa e Stati Uniti potrebbero trovarsi presto in una situazione disperata se la Cina farà mancare terre rare ai concorrenti occidentali.

Secondo l’ERMA (European Raw Materials Alliance, di fatto una creatura dell’Unione Europea), l’impatto politico del non riprendere il controllo sulla catena delle forniture di terre rare sarebbe tremendo. Perciò, ha proposto di mettere rapidamente in pista un investimento di 1,7 miliardi di euro per la produzione europea di magneti. In questo modo, si passerebbe da 500 tonnellate all’anno a 7.000 tonnellate entro il 2030, coprendo il 20% della domanda europea.

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È stato un trader nel settore dei metalli per lungo tempo, lavorando con alcune importanti aziende del settore in Italia e in Europa. Esperto in metalli rari, è consulente presso un'azienda svizzera leader sul mercato internazionale di questi metalli. Da qualche anno è impegnato anche nella divulgazione giornalistica del mondo dei metalli rari e delle materie prime. Il suo profilo professionale è su LINKEDIN.