Sanzioni ad ampio raggio e divieti di importazione non hanno impedito al settore energetico russo di andare a gonfie vele. Nei primi cento 100 giorni di guerra in Ucraina, la Russia è riuscita ad esportare quasi un miliardo di dollari di combustibili fossili al giorno.
L’Unione Europea e gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni contro Putin, ottenendo una diminuzione dei volumi delle esportazioni ma, di contro, hanno provocato un aumento dei prezzi di petrolio e gas tanto da far aumentare le entrate complessive di Mosca. Per dirla proprio chiaramente, c’è la fila per acquistare petrolio e gas russi, mentre gli intermediari sgomitano per stipulare contratti con le compagnie energetiche russe.
Il più grande rimescolamento di flussi commerciale a memoria d’uomo
Aziende di trading del calibro di Vitol, Glencore, Gunvor e Trafigura sono state travolte dalla fortuna di enormi quantità di petrolio, diesel e gas naturale da comprare e vendere, in un contesto dove se ne vanno vecchi clienti e ne arrivano di nuovi. Le sanzioni occidentali hanno provocato il più grande rimescolamento di flussi commerciali globali che si possa ricordare. Ricorrendo ad un paragone che può far sorridere, quando bisogna allacciare nuovi flussi idraulici e staccare i vecchi, serve l’intervento di un idraulico. E gli idraulici delle commodities sono proprio i traders.
L’olandese Vitol si è impegnato a smettere di acquistare petrolio russo entro la fine di quest’anno ma, fino ad oggi, è ben lontana dal farlo. Anche Trafigura ha promesso di non acquistare greggio dalla Rosneft (azienda statale russa) dopo il 15 maggio ma è del tutto libera di acquistare carichi di petrolio russo da altri fornitori. Glencore ha dichiarato che non inizierà alcuna nuova attività commerciale con la Russia, ma continuerà a mantenere le attività in corso.
Ottimi affari per Cina e India
Se poi consideriamo i paesi beneficiari di questo storico cambio dei flussi energetici, emergono tra tutti India e Cina, che hanno assorbito gran parte dei combustibili russi prima destinati all’Occidente.
La nuova strada del petrolio russo, soprattutto quella verso l’India, ha attirato dozzine di intermediari che sperano di trarre profitto da un settore in rapida crescita. Si tratta di società di trading più piccole rispetto ai grandi nomi delle commodities, ma che sono diventate molto attive nello stipulare accordi di fornitura con le raffinerie indiane. Meno burocratici e più disinvolti, questi traders di medio livello hanno conquistato anche le raffinerie statali indiane come, per esempio, Indian Oil Corp.
In quale paese passano il denaro e le materie prime russe?
Ma dove sono concentrati la maggior parte dei traders che fanno la parte del leone nell’intermediare le materie prime russe? Se pensate che si tratti di qualche paese con accessi strategici al mare o con patti di stretta alleanza con la Russia siete sulla strada sbagliata. È dalla Svizzera e dalle sue quasi mille aziende di commodities dove passano quasi tutte le trattative. Deutsche Welle ha riferito che l’80% delle materie prime russe viene scambiato attraverso la Svizzera e circa un terzo di questi materiali sono petrolio e gas, mentre due terzi sono metalli di base come zinco, rame e alluminio.
D’altronde, come riporta la ONG svizzera Public Eye, questo settore rappresenta una parte del PIL svizzero molto più grande del turismo o dell’industria meccanica. Secondo un rapporto del governo svizzero del 2018, il volume degli scambi di materie prime raggiunge quasi i 1.000 miliardi di dollari.
Una grande festa per i traders svizzeri
Di fatto, nelle sale riunioni dei traders svizzeri vengono firmati gli accordi che spostano i flussi di petrolio e gas russo da un paese all’altro e, tanto maggiori sono le sanzioni, tanto maggiori sono i passaggi. Come tutti i traders sanno molto bene, ogni passaggio è un’occasione di lucro.
Si tratta tecnicamente di un commercio di transito, dove solo il denaro scorre attraverso la Svizzera, ma le materie prime non toccano mai il suolo svizzero. Quindi, nessun dettaglio sull’entità della transazione arriva alle autorità doganali svizzere, con informazioni totalmente imprecise sui volumi di flusso effettivi delle materie prime.
Perché mai stupirsi? A differenza del mercato finanziario, dove esistono regole per contrastare il riciclaggio di denaro e i flussi finanziari illegali o illegittimi (con autorità di vigilanza), attualmente non esiste nulla di tutto ciò per il commercio di materie prime.
Più l’acqua è torbida e più opportunità di guadagno nascono, soprattutto per i traders con le spalle più grosse. E, con l’arrivo delle sanzioni contro la Russia, spesso ambigue, irrazionali e confuse, quale occasione migliore per far girare denaro e commodities lungo percorsi opachi e non rintracciabili? Con buona pace degli zelanti e ottusi burocrati di Bruxelles…
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