È impossibile non riconoscere la grande crescita economica della Cina negli ultimi dieci anni. Con una crescita media del PIL (Prodotto Interno Lordo) di oltre il 10% all’anno, in soli sette anni, l’economia cinese è raddoppiata, mentre in 13 anni è addirittura triplicata.
Con questa massiccia espansione, la Cina ha iniziato ad importare materie prime ad un ritmo incredibile. Nel 2000, il paese ha importato 70 milioni di tonnellate di minerale di ferro, mentre oggi importa ben 763 milioni di tonnellate, dieci volte tanto. Le importazioni di rame sono aumentate ancor più drasticamente, passando da 1,6 milioni di tonnellate nel 2000 a più di 4 milioni di tonnellate all’anno nel 2012. Se invece spostiamo l’attenzione sul petrolio, la Cina è passata in 17 anni dall’essere un esportatore netto all’essere il secondo più grande importatore del mondo.
Perciò molti pensano che il gigante dell’Asia, così come ha spinto i prezzi delle materie prime verso l’alto durante l’ultimo decennio, adesso stia trascinando le quotazioni verso il basso.
Ma siamo proprio sicuri che la causa principale del boom delle materie prime sia stata la spinta dell’economia cinese? Perché le materie prime scendono se i livelli di importazione cinese di materie prime non sono diminuiti?
Qualcuno lega la discesa delle quotazioni delle materie prime con il rallentamento dell’economia cinese, che non cresce agli stessi tassi di sviluppo degli scorsi anni. Ma non tiene in dovuto conto che l’influenza sui prezzi viene direttamente dai volumi assoluti della domanda di materia prima e non dalle variazioni (a parità di offerta). Poichè i volumi assoluti delle importazioni cinesi sono ancora a livelli record, la causa della discesa del prezzo delle commodities è da ricercare altrove.
Secondo un recente studio, che ha esaminato la correlazione tra il Reuters Commodity Index (CRB) e la crescita del PIL reale in Cina, oltre alla correlazione tra il Reuters Commodity Index (CRB) e il cosiddetto dollaro trade-weighted durante l’ultimo decennio, è arrivato a conclusioni abbastanza sorprendenti: nel primo caso la correlazione è bassa, nel secondo è alta e negativa. In altre parole il mercato delle materie prime, negli ultimi dieci anni, è stato un riflesso di una decisa caduta del dollaro americano.
Una ulteriore conferma arriva dall’esame di altri periodi storici, durante i quali abbiamo già sperimentato questo fenomeno. Nel 1990, quando l’economia americana era in piena espansione e il dollaro era forte, i prezzi delle materie prime erano deboli e il prezzo del petrolio era sceso a un minimo storico di 10 dollari al barile.
È parere diffuso che, nei prossimi anni, le materie prime non saliranno o scenderanno tutte insieme, come succedeva in passato, ma si comporteranno in modo differenziato, seguendo l’andamento della domanda e dell’offerta di ogni singola materia prima.
Una ulteriore complicazione per l’investitore in commodities, il cui unico riparo sarà la diversificazione e la competenza dei professionisti specializzati nel conoscere le tendenze globali di ogni materia prima.
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