La scoperta in Svezia del più grande giacimento europeo di terre rare, annunciata questa settimana, ha sollevato grandi entusiasmi e risonanza sui mass-media europei, un po’ meno tra gli esperti del settore.
Il deposito scoperto dalla società svedese LKAB, soprannominato Per Geijer, si trova a nord del circolo polare artico, in Lapponia, e contiene più di 1 milione di tonnellate di ossidi di terre rare. Naturalmente, si tratta di una scoperta importante, in un momento in cui l’Europa sta cercando di risolvere il problema di fare meno affidamento sulle materie prime importate che sono però indispensabili per la transizione verde.
Il difficile non è trovarle, ma trasformarle
Come ben noto ai nostri lettori, i depositi di terre rare sono abbastanza comuni in diverse aree del pianeta, mentre la parte più impegnativa è l’estrazione dei minerali e la trasformazione dei minerali, a causa dei pesanti effetti ambientali.
Attualmente, oltre l’80% della capacità mondiale di lavorazione delle terre rare si trova in Cina. Nel frattempo, l’Unione Europea (UE) prevede che la domanda di metalli utilizzati nei motori delle auto elettriche e nelle turbine eoliche aumenterà di cinque volte entro il 2030.
In questo contesto, è facile capire il perché di tanta risonanza sui mass-media europei per la notizia. Il desiderio che la miniera della Lapponia possa contribuire a ridurre la dipendenza europea dalle importazioni cinesi è forte. Ma, a parte che ci vorranno dai 10 ai 15 anni perché si arrivi ad ottenere materie prime disponibili per la commercializzazione, gli esperti non si attendono nulla di significativo sul mercato delle terre rare dalla scoperta svedese. Pensano invece che il nuovo deposito sarà un’ottima miniera di fertilizzanti e/o ferro.
Una strana coincidenza
Non è passato nemmeno inosservato il fatto che l’annuncio della nuova scoperta sia arrivato quando i commissari europei hanno visitato Kiruna (dove LKAB possiede una grande miniera di ferro) nei primi giorni del semestre di presidenza svedese a rotazione della UE.
La grande risonanza della notizia fa pensare che si voglia sottolineare il buon lavoro dei politici di Bruxelles per dare una maggiore autosufficienza al continente in tema di materie prime, indispensabili per promuovere le tecnologie verdi locali, tra cui l’energia eolica e le batterie per auto.
Quando la verità verrà a galla, la gente si arrabbierà
Purtroppo, la realtà non si piega ai desideri dei politici e la contraddizione europea di volere una transizione verde senza considerare che anche questa comporta alti costi ambientali, forse nemmeno sostenibili, prima o poi verrà a galla.
Soprattutto nel caso delle terre rare (ma vale anche per il litio o la grafite), la contraddizione è evidente dal momento che si tratta di minerali facili da trovare sul nostro pianeta ma maledettamente inquinanti da trasformare in elementi da utilizzare industrialmente (disprosio, neodimio, lantanio tanto per fare dei nomi). Eppure, sono indispensabili per la transizione verde, che ne richiede sempre di più e in quantità enormi. Come a dire che per ottenere più energia pulita per salvare il pianeta ci serve però distruggere il pianeta stesso. Non sembra proprio un piano geniale per il futuro della Terra…
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