Il ghiaccio si ritira in Groenlandia e affiorano terre rare

Il dramma ambientale della Groenlandia ha dato il via alla competizione internazionale per il controllo delle sue preziose riserve di terre rare.

Come sanno bene gli ambientalisti, la calotta glaciale della Groenlandia è messa molto male. Il riscaldamento globale la sta distruggendo.

Secondo il Financial Times, in Groenlandia le temperature sono aumentate più del doppio rispetto al resto del pianeta. Infatti, il ghiaccio marino artico si sta ritirando e l’inquinamento lo sta oscurando, riducendo la sua capacità di riflettere la luce solare. La Groenlandia è coperta da una calotta di ghiaccio profonda più di un chilometro e mezzo, che copre l’81% della sua superficie terrestre.

Questa volta non ci occuperemo dell’impatto ambientale dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia, quanto della comparsa di nuovi territori, una volta sepolti sotto il ghiaccio. In questo caso, si tratta di vaste aree ricche di risorse naturali, fonti potenziali di minerali e idrocarburi.

Enormi ricchezze di minerali e idrocarburi

Un recente rapporto del Brookings Institute fa luce sia sulle opportunità che sulle difficoltà nello sfruttamento di questi territori ricchi di minerale di ferro, piombo, zinco, diamanti, uranio, petrolio e, soprattutto, terre rare.

La popolazione della Groenlandia, nel 2008, aveva sostenuto l’autonomia, nella convinzione che il paese potesse andare oltre la pesca e il turismo, creando abbastanza ricchezza da sostituire il sostegno finanziario della Danimarca.

Tuttavia, oggi, i prezzi dei minerali e del petrolio si sono dimezzati rispetto al 2008. Quella che sembrava essere una buona opportunità economica, non sembra più così facilmente praticabile.

È vero che ci sono potenziali riserve di petrolio e gas, ma è altrettanto vero che la gestione di piattaforme petrolifere offshore in un ambiente artico così ostile rendono lo sfruttamento a breve termine economicamente non sostenibile.

38,5 milioni di tonnellate di terre rare

Anche se la quantificazione del potenziale delle risorse minerarie della Groenlandia è ancora imprecisa, quello che sembra più interessante, da un punto di vista strategico, sono senza dubbio le terre rare.

Un recente rapporto del Financial Times stima che la Groenlandia detenga 38,5 milioni di tonnellate di ossidi di terre rare, un numero importante rispetto ai 120 milioni di tonnellate delle riserve totali di tutto il mondo.

Due società sono già attive in Groenlandia. Una, la Greenland Minerals, vede coinvolti i cinesi, l’altra, la Tambreez, è una società mineraria australiana di proprietà privata. Ma ci sono anche gli Stati Uniti, che hanno firmato un memorandum per cooperare con la Groenlandia per l’estrazione di terre rare.

Come ben sa la Cina, la partita delle terre rare si gioca nel lungo termine. Servono investimenti che avranno un ritorno in là nel tempo e senza un calcolo puramente economico.

Forse, questa volta, gli Stati Uniti si rendono conto che le terre rare sono strategiche e che non bastano le forze di aziende minerarie private, ma servono fondi governativi per poter seriamente competere con i cinesi.

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