Il processo di vendita di Acciaierie d’Italia (ADI) è arrivato alla revisione delle lettere di interesse presentate entro la scadenza del 20 settembre. Secondo Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, è emerso un notevole interesse da parte di numerose aziende internazionali e nazionali.
Tuttavia, le cose potrebbero non essere così semplici come qualcuno sperava. Di certo, quello che è abbastanza chiaro è che il governo italiano non vuole rimanere nella proprietà o nella gestione dell’acciaieria.
Vendita a spezzatino o in solo boccone?
Nelle scorse settimane si sono fatte avanti l’indiana Steel Mont, l’ucraina Metinvest, Vulcan Green Steel (con sede in Oman) e la canadese Stelco per una possibile acquisizione degli stabilimenti ADI di Genova, Novi Ligure e Taranto.
Ma ci sono anche aziende italiane che hanno espresso interesse per la gara, anche se solo per l’acquisizione di alcuni asset dell’ex Ilva. Per esempio, Marcegaglia vorrebbe i laminatoi per tubi e lo stabilimento di Novi Ligure, che è uno degli impianti di ri-laminazione situati nel nord Italia. Ma tra i pretendenti ci sarebbero anche Eusider, Sideralba, Arvedi e la giapponese Nippon Steel.
Uno degli aspetti che rendono abbastanza indigesto l’intero boccone ADI è lo stabilimento di Taranto, una struttura obsoleta che richiede significativi investimenti di capitale e che ha un eccessivo numero di dipendenti. Anche per questo motivo, il governo italiano preferirebbe vendere in blocco tutto il pacchetto, dipendenti in eccesso compresi e con la garanzia di una rapida riduzione delle emissioni di CO2.
Purtroppo manca una visione strategica industriale
Tuttavia, trovare un compratore a queste condizioni e disposto a fare un offerta ritenuta soddisfacente, potrebbe essere difficile. Più facile un trasferimento realizzato tramite transazioni di vendita separate di unità aziendali specifiche appartenenti ad ADI.
In questo contesto, la gestione di questa complicata transazione appare viziata dall’incapacità del venditore di guardare ad un orizzonte più ampio. L’interesse dello stato italiano non dovrebbe essere quello di sbarazzarsi del problema cercando di incassare quanto più possibile nel breve termine. Piuttosto sarebbe auspicabile una strategia che definisse obbiettivi, tempi e metodi nel medio e lungo termine di un comparto che potrebbe costituire un’asse portante per la siderurgia italiana, oltre che un bene strategico per la catena di approvvigionamento europea dell’acciaio.
METALLIRARI.COM © ALL RIGHTS RESERVED