L’uranio esploderà. Ma non c’è pericolo, è solo una questione di prezzi…

Il mercato dell’uranio ha attratto l’attenzione dei grossi fondi d’investimento, a causa dell’enorme potenziale di crescita dei prezzi nei prossimi anni.

Negli ultimi anni, molti metalli si sono mossi molto bene. I prezzi del rame sono aumentati del 60% in 24 mesi. Lo zinco ha guadagnato il 140% in due anni. Anche l’oro è aumentato, del 20% in due anni.

Ma esiste un metallo, indispensabile per il settore energetico e di conseguenza per quello industriale, che non ha conosciuto questa stagione di rialzi, nonostante i suoi fondamentali sembrino straordinariamente forti.

Si tratta dell’uranio che, a detta di molti investitori, è considerato un metalo alla vigilia di un’esplosione.

I grossi fondi d’investimento stanno comprando

Mentre i produttori di uranio hanno tagliato drasticamente la produzione, grossi fondi di investimento stanno comprando metallo fisico (U3O8). Contemporaneamente, la domanda globale continua a crescere.

Da diversi anni, gli utilizzatori si sono abituati ad acquistare uranio al mercato spot, approfittando dei bassi prezzi. Ma, negli ultimi sei mesi, il mercato spot si è capovolto ed è diventato sempre più difficile trovare forniture. In breve tempo, il mercato spot si prosciugherà completamente e chi compra uranio dovrà accettare di firmare contratti di fornitura a lungo termine.

Questo era il segnale che molti investitori attendevano per essere certi che i prezzi dell’uranio saliranno. Inoltre, gli esperti sanno che quando l’uranio si muove lo fa con violenza.

L’ultima volta che l’uranio ha sollevato la testa (2006-2007), i prezzi spot sono passati da 20 dollari per libbra a 138 dollari in soli due anni. Naturalmente, il metallo ha trascinato verso l’alto anche i prezzi dei titoli azionari delle società del settore e i principali produttori  hanno decuplicato il proprio valore.

Ma, in quell’occasione, il rally è stato di breve durata. L’offerta di uranio è rapidamenta aumentata, dal Kazakistan al Saskatchewan, e sul mercato è diventato ancora possibile acquistare con consegna a pronti (contratti spot), senza il rischio di rimanere a corto di materiale. Poi è arrivato il disastro nucleare di Fukushima, che ha distrutto la domanda di uranio.

La produzione di uranio è diventata anti-economica

L’eccesso di offerta e le aspettative estremamente negative, hanno gettato in depressione il mercato per sei anni. I prezzi sono crollati da 138 dollari a 20 dollari per libbra, rendendo il 75% della produzione globale anti-economica.

Il mercato era invaso da uranio fino al 2017, quando i produttori hanno deciso di mettersi d’accordo per fare qualcosa. Il primo ad agire è stato Kazatomprom (Kazakistan), che ha tagliato la produzione del 10%. Cameco (Canada) ha fermato McArthur River, la miniera di uranio più grande del mondo. Paladin (Australia) ha chiuso la vecchia miniera di Langer Heinrich.

Nel complesso la produzione di uranio è stata ridotta di più di 30 milioni di libbre, una cifra che corrisponde alla produzione annuale dell’intero anno 2016.

La sola chiusura della Cameco della miniera di McArthur River è paragonabile al fermo totale della produzione di petrolio dell‘Arabia Saudita. Infatti, entrambe le produzioni corrispondono al 13% dell’offerta globale.

Perchè i prezzi non salgono?

Ma allora, con una così importante quota di produzione che viene a mancare, perché i prezzi non salgono? La risposta è semplice… fino ad ora c’era una grande quantità di scorte. Ma adesso, cosa che non si verificava da decenni, stanno praticamente scomparendo.

La stessa Cameco, che per chi non lo sapesse è il secondo più grande produttore del mondo, fornisce i propri clienti acquistando a sua volta sul mercato spot e attingendo dalle proprie scorte. Quest’anno, Cameco produrrà circa 17 milioni di libbre, con contratti di vendita per 37 milioni di libbre.

Questo è esattamente quello che sta succedendo oggi sul mercato dell’uranio e di cui vedremo le conseguenze nel 2019. Ecco perchè alcuni grandi fondi di investimento hanno comprato metallo fisico. La loro logica è duplice. In primo luogo, offrono agli investitori la possibilità di essere coinvolti in un aumento del prezzo dell’uranio. In secondo luogo, acquistando uranio fisico, tolgono dal mercato metallo, contribuendo a spingere verso l’alto il mercato su cui hanno investito.

Il più grande di questi fondi d’investimento è Yellow Cake, che acquisterà anche il 25% della produzione di Kazatomprom, una quantità che equivale a circa il 5% della produzione annuale globale.

Nei prossimi anni, sembrerebbe proprio che i prezzi dell’uranio non abbiano altra opzione che salire!

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