LME vince la battaglia del nichel, ma rischia di perdere la guerra

La sentenza dei giudici che hanno dato ragione al London Metal Exchange dopo lo scandalo del nichel, solleva molti dubbi e incertezze sul futuro della borsa dei metalli.

Una roccia del tradizionale mercato dei metalli si sta sgretolando.

Anche se l’Alta Corte di Londra ha dato ragione al London Metal Exchange (LME) nella controversia con Elliott Associates per il cosiddetto scandalo del nichel, la sentenza mina la fiducia nella borsa più che rafforzarla.

Per chi non lo ricorda, a marzo 2022, è esploso il caso di una colossale posizione corta che un partecipante al mercato aveva accumulato in nichel, scommettendo che il prezzo sarebbe sceso. Ma il prezzo era aumentato, con perdite gigantesche che portarono l’LME sull’orlo del collasso. Per evitare il disastro, l’LME annullò retroattivamente diverse operazioni di compravendita. Perciò, Elliott Associates, un hedge fund americano, ha fatto causa contro l’LME.

Le basi della compravendita in borsa traballano

A fine novembre, i giudici si sono pronunciatati in favore della borsa metalli di Londra. Tuttavia, il verdetto potrebbe non essere una vittoria per l’LME, ma esattamente il contrario. Infatti, ciò che l’Alta Corte di Londra ha confermato è che qualsiasi commercio svolto in borsa non poggia più su basi solide. Anche se due parti concordano gli estremi di un contratto (prezzo compreso), un terzo soggetto potrebbe annullare l’accordo.

Tutto questo solleva interrogativi importanti. Ci sarà un’altra bufera come accaduto nel caso del nichel? Quali transazioni potrebbero essere annullate? Con quali criteri verrà data ragione ad una parte invece che all’altra?

Le implicazioni che queste incertezze comportano non sono di poco conto. Oltre al nichel, l’LME è l’amministratore ufficiale dei contratti dell’alluminio, del cobalto, del rame, del piombo, dello stagno e dello zinco. I prezzi di riferimento dei metalli hanno contribuito a lungo allo status di leader di Londra come centro finanziario globale, oltre ad costituire il riferimento per l’industria mineraria internazionale. Questi prezzi si propagano in ogni ambito dell’economia reale ma, se i produttori non dispongono di un meccanismo di prezzo certo con cui prendere decisioni di investimento, non possono produrre in modo affidabile i prodotti di cui la nostra moderna società ha bisogno.

Tutto ruota intorno al rischio

La chiave per comprendere la situazione è il rischio. Ogni volta che due parti concordano una transazione che si concluderà in futuro, c’è il rischio che una delle parti non mantenga fede alla propria parte dell’accordo. Per gestire tale rischio, l’LME gestisce tutte le operazioni attraverso una stanza di compensazione: i venditori vendono alla stanza di compensazione e la stanza di compensazione vende agli acquirenti. La stanza di compensazione garantisce quindi l’esecuzione di ogni contratto.

Apparentemente, l’utilizzo di una controparte centrale crea un mercato più efficiente, ma il rischio non scompare. Finisce invece sulle spalle dell’LME e la sua reale dimensione non può essere vista pubblicamente. Di fatto, l’LME gestisce un mercato in cui i prezzi possono muoversi così velocemente che le passività conseguenti possono superare la sua capacità di riscossione, mentre allo stesso tempo gestisce una stanza di compensazione che è agganciata a tali passività.

E, come successo con il nichel, può trovarsi con obblighi così grandi da non essere in grado di assolverli. Ma quello che i giudici hanno sentenziato è che in questo caso può eliminare tali debiti risolvendo i contratti.

In queste condizioni, come si può chiedere a due controparti di fare affidamento su un prezzo di riferimento le cui transazioni costitutive possono essere abrogate da un diktat dell’LME?

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