È noto che la Cina è uno dei più grandi produttori e consumatori di energia.
Ma è anche il custode del più grande forziere di minerali e metalli del nostro pianeta, compresi i metalli rari, tra i quali vi sono i metalli delle terre rare. L’attenzione del mondo sembra concentrata sui fabbisogni di petrolio e gas, mentre la Cina detiene il controllo su alcuni dei materiali più importanti del mondo. La situazione è diventata così preoccupante che la Commissione Europea ha ripetutamente messo in guardia i mercati che una crisi per la carenza delle forniture mondiali si sta avvicinando.
La Cina consuma alcuni tra i metalli più utilizzati al mondo, come il tungsteno e il molibdeno, utilizzati per molti prodotti hi-tech, automobili, prodotti chimici e acciai. E sempre la Cina possiede una delle più grandi riserve al mondo dei 17 metalli, chiamati terre rare, per i quali ha posto severe restrizioni alle esportazioni, dazi e nuove prescrizioni restrittive per la loro produzione.
La Commissione Europea ha detto che dei 17 metalli delle terre rare, 15 di loro chiamati lantanoidi (lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio, lutezio), ma anche scandio e ittrio, sono di interesse primario per i consumi cinesi e sono sotto il totale controllo di Pechino. Ciò crea una distorsione di mercato significativa a favore dell’industria cinese, a scapito delle imprese e dei consumatori dell’Unione Europea.
Karel De Gucht, commissario al commercio ha detto “le restrizioni cinesi sulle terre rare e sugli altri metalli, violano le regole del commercio internazionale e devono essere rimosse. Queste restrizioni sono una penalizzazione per i produttori e i consumatori in Europa e in tutto il mondo”. Ha anche aggiunto “nonostante la sentenza del WTO (World Trade Organization) di condanna sulle restrizioni, la Cina non ha fatto alcuno sforzo per eliminare le restrizioni alle esportazioni. Ciò non ci lascia altra scelta che sfidare il regime delle esportazioni della Cina per garantire alle nostre imprese un accesso equo a queste materie prime”. La Commissione Europea ha elencato 14 materie prime critiche, per le quali una carenza di approvvigionamento potrebbe rappresentare una grave minaccia economica. La lista comprende: antimonio, indio, berillio, magnesio, cobalto, fluorite, niobio, gallio, germanio, tantalio, grafite e tungsteno.
La portata e la scala della dipendenza dell’Unione Europea dalla produzione cinese di metalli rari e terre rare è davvero preoccupante. Secondo i dati 2012 della Commissione Europea, l’Unione Europea ha una dipendenza del 100% per cento su 16 dei 17 metalli delle terre rare. Inoltre, oltre a tungsteno e molibdeno, la Cina ha una quota maggiore del 95% della produzione mondiale di metalli, o dei loro minerali, che vengono utilizzati nella fabbricazione di tutto, dai dischi rigidi dei computer ai componenti per automobili, LED, LCD, TV al plasma, audio, attrezzatura fotografica, laser, radar e componenti indispensabili per gli impianti per il trattamento delle acque.
Dal momento che l’Unione Europea dipende unicamente dalla Cina per le sue importazione, Pechino può controllare anche i prezzi all’esportazione, che di solito sono almeno il 100% maggiori rispetto ai prezzi interni praticati alle industrie cinesi. Negli ultimi dieci anni i prezzi sono aumentati vertiginosamente, dal 500% al 1000% e il fenomeno ha portato molte imprese europee ad abbandonare la produzione di alcuni prodotti o a trasferirsi in Cina per avere un accesso più facile alle materie prime.
Mentre l’Europa, gli Stati Uniti e il Giappone stanno discutendo su come convincere la Cina ad allentare la morsa sull’esportazione di materiali critici, la lista dei metalli e minerali nelle mani cinese, la cui carenza potrebbe mettere in ginocchio le industrie occidentali, rischia di allungarsi. Il tempo non aiuta certo le industrie occidentali mentre gioca a favore della strategia lungimirante di Pechino, i cui risultati potrebbero emergere nei prossimi anni con il predominio economico cinese in settori che fino ad oggi erano strategici per i paesi occidentali.
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