“Il 24 agosto, nel primo pomeriggio, mia madre attirò l’attenzione di mio zio su una nube di straordinaria forma e grandezza. Sembrava un pino con un tronco altissimo, che si allargava poi in una specie di ramificazione. E questo perché, suppongo, era sollevata dal vento mentre si formava e poi, al cedere del vento, abbandonata a sé o vinta dal suo stesso peso, si diffondeva ampiamente in aria dissolvendosi a poco a poco, ora candida, ora sordida e macchiata, secondo che portasse con sé terra o cenere“
Era l’anno 79 e Plinio il Giovane descriveva quanto stava succedendo proprio davanti ai suoi occhi. La morte dello zio per soffocamento e l’eruzione del Vesuvio, che avrebbe provocato la distruzione delle città di Ercolano, Pompei, Oplontis e Stabia.
Il Vesuvio è l’unico vulcano attivo nell’Europa continentale e quello che ha prodotto le più grandi eruzioni vulcaniche del continente. Affacciato sulla baia e sulla città di Napoli, si trova nel cratere dell’antico vulcano del Monte Somma. Anche se l’ultima eruzione del vulcano risale al 1944, rappresenta ancora un grande pericolo per le città che lo circondano, soprattutto per la popolosa area metropolitana di Napoli.
Per gli appassionati di geologia, il Vesuvio fa parte dell’arco vulcanico campaniano. Questo è una linea di vulcani formatisi in una zona di subduzione creata dalla convergenza della placca africana e eurasiatica. Una zona che si estende per tutta la lunghezza della penisola italiana ed è anche la madre di altri vulcani come il Monte Etna, i Campi Flegrei, Vulcano e Stromboli.
Pericoloso e imprevedibile
Il cono oggi conosciuto come il Vesuvio, cominciò a crescere nella caldera del vulcano Monte Somma, la cui ultima eruzione risale a 17.000 anni fa. Poiché la maggior parte delle rocce eruttate dal Vesuvio sono di andesite (una roccia vulcanica costituita soprattutto da silice) e questo tipo di lava crea eruzioni esplosive di forza molto varia, è considerato dai vulcanologi particolarmente pericoloso e imprevedibile.
Nella storia recente (ultimi 17.000 anni) il Vesuvio ha sperimentato 8 grandi eruzioni, di cui quella del 79 d.C., uccise più di 16.000 persone. Ma, a partire dal 1631, è entrato in un periodo di attività vulcanica stabile, che comprende emissioni di lava, eruzioni di cenere e di fango.
Attualmente il vulcano è in stato di quiescenza, con soltanto attività sismiche di ridotta entità e fuoriuscite dalle fumarole nel suo cratere verticale. Uno stato di riposo così lungo, in base al comportamento ciclico del vulcano nella storia, appare atipico, in quanto la ripresa dell’attività eruttiva sembra assai in ritardo. Perciò, le preoccupazioni di una ripresa di attività violente in futuro sono più che comprensibili e hanno obbligato le autorità ad un monitoraggio molto stretto.
Le preoccupazioni sono confermate anche da una ricerca del 2001, condotta dall’Università di Napoli in collaborazione con l’Università di Nizza. Questo studio ha accertato la presenza di un accumulo di magma che si estende per circa quattrocento chilometri quadrati ad una profondità di circa otto chilometri sotto la superficie, dal centro del golfo di Napoli fino quasi agli Appennini.
Ciò significa che l’attività vulcanica potrebbe riprendere in un qualsiasi momento.
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