Da Brescia a Murano, passando per Boston: la fiamma del vetro di Roberto Beltrami

Una storia che ritrae una passione artigiana che supera i confini. Tra tradizione millenaria, tecnologia e spirito di squadra, la sfida di Roberto Beltrami è riportare il vetro di Murano al centro del mondo.

In un mondo che spesso preferisce la velocità alla precisione e la produzione di massa all’unicità, ci sono storie che fanno eccezione: quella di Roberto Beltrami è una di queste. Nato a Brescia, nel cuore di una terra che ha fatto dell’artigianato e dell’ingegno industriale un tratto distintivo, Beltrami incarna la passione autentica e instancabile per il “saper fare” italiano. Una vocazione, probabilmente innata, che trova le sue radici in un contesto culturale e territoriale da sempre votato al lavoro, alla manualità e alla qualità.

L’incontro casuale con il vetro a Boston

Paradossalmente, il destino di Beltrami si accende non tra le fornaci di Murano, ma tra i corridoi accademici della Boston University, dove studiava Fisica. Ma, nel 2011, un’esposizione delle opere di Dale Chihuly, celebre artista del vetro americano, segna l’inizio di un nuovo percorso. Affascinato dalla luce, dai colori e dalla materia viva del vetro, Beltrami scopre una passione irresistibile che lo allontanerà per sempre dalle aule universitarie.

Quell’estate, tornato in Italia, frequenta un corso di vetro soffiato a Murano. Da lì inizia una trasformazione radicale: l’aspirante fisico si trasforma in apprendista artigiano e da apprendista in maestro vetraio. Non senza ostacoli.

Murano, tradizione millenaria e chiusura al cambiamento

Murano, isola veneziana composta da sette isolette collegate da ponti e canali, è la patria storica della lavorazione del vetro sin dal 1291, quando tutte le fornaci furono trasferite lì per motivi di sicurezza e segretezza. Per oltre sette secoli ha rappresentato un’eccellenza mondiale, famosa per invenzioni come il “cristallo” e per la capacità di fondere colori in modo unico e chimicamente stabile.

Tuttavia, la tradizione ha spesso camminato a braccetto con la diffidenza. “Tutti avevano paura che gli rubassi il lavoro, nessuno voleva insegnarti nulla”, racconta Beltrami. Una mentalità conservatrice che ha spesso ostacolato il ricambio generazionale e l’innovazione.

Wave Murano Glass

Nel 2017, a soli 25 anni, Beltrami decide di cambiare le regole del gioco fondando Wave Murano Glass. Non solo una fornace, ma una visione: riportare Murano a essere un centro pulsante di creatività, accessibile ai giovani, aperto all’innovazione e rispettoso della tradizione.

Oggi, Wave conta circa 20 collaboratori, molti dei quali sotto i 35 anni — un fatto quasi rivoluzionario per Murano. Il laboratorio si distingue per la produzione artigianale e flessibile, capace di rispondere tanto a grandi commesse quanto a piccole serie, e per un approccio tecnologico all’avanguardia: dall’uso di software intelligenti per la gestione operativa, all’impiego di forni americani progettati per recuperare calore e abbattere dell’80% i consumi energetici.

Passione e fuoco: il cuore del mestiere

Beltrami si definisce un “piromane dichiarato”, con un amore viscerale per il fuoco, la materia e la collaborazione. “Il vetro soffiato è come uno sport di squadra: servono mani, occhi e respiro sincronizzati. È una coreografia”, spiega. La complessità tecnica si unisce a una dimensione profondamente umana e artistica.

Nella sua fornace si accolgono anche stagisti da tutto il mondo, donne incluse — ancora oggi sottorappresentate in questo mestiere — e si organizzano corsi e visite per diffondere la cultura del vetro anche al grande pubblico.

Oggi Murano conta poco più di 100 fornaci attive e solo un terzo della popolazione residente è ancora impiegato nel settore. Tra crisi economiche, pandemia, concorrenza sleale e imitazioni a basso costo, il futuro sembra fragile come il vetro stesso.

Eppure, grazie a imprenditori-artigiani come Roberto Beltrami, la fiamma dell’artigianato vetraio potrebbe non spegnersi, ma rinnovarsi. Con uno sguardo rivolto al mondo ma radicato in un’identità forte, quella bresciana, fatta di lavoro, dedizione e passione. Una tradizione che, se ben coltivata, può ancora fare scuola.

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