L’industria tedesca, un tempo motore dell’economia europea, attraversa una fase di profonda debolezza strutturale. Competizione cinese, fine del gas russo a basso costo, aumento dei salari e dazi statunitensi hanno eroso la competitività del paese, mentre la politica fatica a recuperare terreno. La Grande Coalizione ha presentato una nuova serie di misure per sostenere il settore produttivo, segnato da anni di rallentamento.
Secondo Bloomberg, il provvedimento di maggior impatto è il tetto al prezzo dell’energia per le industrie ad alta intensità energetica: 5 centesimi al kWh fino al 2028, contro gli attuali 15. La misura, ancora in attesa dell’approvazione della UE, è stata accolta positivamente dalle imprese ma giudicata insufficiente dalle associazioni di categoria, che chiedono anche sgravi fiscali e meno burocrazia. Contestualmente, il governo ha annunciato la costruzione di nuove centrali a gas e un alleggerimento delle tariffe di controllo del traffico aereo.
Le misure arrivano mentre il governo rivede al rialzo il nuovo indebitamento per il 2026, che salirà a 98 miliardi di euro (circa 180 miliardi includendo i fondi speciali). La revisione riflette la necessità di fronteggiare una fase economica che gli esperti definiscono la più difficile degli ultimi decenni.
Economisti come Carsten Brzeski (ING) riconoscono che Berlino ha finalmente ammesso la natura strutturale della crisi: quindici anni di investimenti insufficienti e riforme mancate, uniti all’avanzata cinese, hanno minato il modello industriale tedesco. Pur apprezzando il taglio ai costi energetici, gli analisti avvertono che manca ancora una strategia ampia e coerente di rilancio e che la ripresa del 2026 rischia di essere trainata più da effetti di calendario che da un reale miglioramento dell’economia.
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