L’Etna si risveglia: tra paura, meraviglia e possibili risorse minerarie

Mentre pennacchi di cenere oscuravano l’alba siciliana, la lava portava in superficie materiali ricchi di minerali, offrendo agli studiosi un’occasione preziosa per esplorare i segreti nascosti del vulcano più attivo d’Europa.

L’Etna, il vulcano più alto e attivo d’Europa, sta dando spettacolo in questi giorni con un’eruzione che ha affascinato gli spettatori e attirato l’attenzione della comunità scientifica. Alle prime luci dell’alba, la montagna si è svegliata sollevando pennacchi di cenere e gas nel cielo sopra Catania, mentre il cratere sud-orientale sprigionava tutta la sua potenza.

L’evento ha generato un mix di cenere bianca e nubi grigie, causate anche dal crollo parziale del cratere e dalla conseguente valanga che ha innescato un flusso piroclastico. Fortunatamente, la zona interessata era disabitata e le colate laviche sono rimaste contenute entro i confini naturali del vulcano, senza causare danni a persone o abitazioni.

Nonostante l’eruzione sia stata definita “relativamente normale” dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l’impatto visivo ha generato preoccupazione tra residenti e turisti. Il fumo nero e denso, ben visibile anche a chilometri di distanza, ha contribuito ad alimentare l’inquietudine.

Un tesoro nascosto sotto la lava

Le autorità della protezione civile hanno invitato i visitatori a non avvicinarsi, mentre i funzionari regionali hanno rassicurato che non vi è stato alcun pericolo immediato per la popolazione. Si tratta comunque della più significativa attività eruttiva dell’Etna dal 2014.

Oltre al fascino e alla paura, le eruzioni vulcaniche sono anche finestre aperte sull’interno della Terra. La lava che emerge porta in superficie materiali provenienti dalle profondità, offrendo agli scienziati preziose informazioni sulla composizione e sull’origine del nostro pianeta.

Nel caso dell’Etna, la lava si distingue per una composizione chimica particolarmente interessante: ricca di magnesio e ferro, elementi tipici del mantello terrestre, ma anche di potassio, più comune nella crosta. Questa miscela suggerisce che il vulcano attinga a più fonti, rendendolo un laboratorio geologico a cielo aperto.

L’oro nei vulcani e il litio nei crateri

Il valore scientifico e potenzialmente economico delle regioni vulcaniche è ben noto. Non è un caso che il Monte Erebus, in Antartide, sprigioni ogni giorno circa 80 grammi d’oro nell’aria glaciale, mentre la caldera McDermitt, tra Oregon e Nevada (Stati Uniti), ospita quella che si stima essere la maggiore riserva mondiale di litio.

Anche l’Etna, con la sua ricca attività magmatica, potrebbe celare risorse minerarie ancora sconosciute. Ogni nuova eruzione, oltre a riscrivere il paesaggio, potrebbe svelare qualcosa in più sulle ricchezze nascoste sotto la superficie della Sicilia.

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