Quando i prezzi del rame distruggono posti di lavoro

Quando i prezzi del rame scendono al di sotto di certi livelli, le miniere chiudono e i lavoratori rimangono disoccupati. Una dura legge che dovrebbe far riflettere sia gli investitori che gli operatori di questo mercato sulle conseguenze di alcune delle loro scelte.

Dr. Copper è il soprannome del rame che meglio di ogni altro evidenzia l’importanza del metallo rosso per l’economia globale.

Il rame, non solo è strettamente legato al ciclo economico, ma è un motore importante per la creazione di posti di lavoro in tutto il mondo. Ne sanno qualcosa tutti i lavoratori del settore minerario che, quando i prezzi del rame sono bassi, vedono messi a repentaglio i propri posti di lavoro.

Negli ultimi anni, la discesa dei prezzi delle materie prime hanno portato a licenziamenti, sopratutto nel settore del ferro e del carbone. Alcuni esempi recenti sono la Corsa Coal (Canada) che licenzierà 130 lavoratori e la Rio Tinto che prevede di tagliare centinaia di posti di lavoro in Australia.

Purtroppo, anche il rame segue la stessa sorte. I lavoratori della Asarco’s Ray (Stati Uniti) rischiano il licenziamento a causa dell’abbassamento dei prezzi del rame. La società ha dichiarato che la misura riguarderà 130 lavoratori.

Anche la miniera di Escondida, in Cile, ha avviato un programma di “esodo volontario”, con indennità di licenziamento e altri benefici. Così come Taseko in Canada che lascierà a casa il 7% dei suoi 700 dipendenti.

I prezzi delle materie prime sono ciclici e, nel lungo termine, scendono e salgono. Tuttavia, per tutte quelle comunità che dipendono dalle miniere, momenti di mercato come quelli attuali procurano pene e sofferenze.

Attualmente i prezzi del rame sono a circa 6.000 dollari a tonnellata, ma le notizie che arrivano dalla Cina circa un rallentamento della domanda, non fanno presagire nulla di buono nel breve termine.

Società come Dundee Securities e Macquarie Capital Markets hanno una visione positiva circa i prezzi del rame nel futuro. Dundee prevede una crescita dei prezzi durante la seconda parte di quest’anno, mentre Macquarie prevede che ci saranno interruzioni nelle forniture e quindi si passerà da un surplus ad un deficit di rame. In particolare, BHP Billiton perderà circa 70.000 tonnellate di produzione nei suoi impianti di Olympic Dam, in Australia.

In un futuro un pò più lontano, i posti di lavoro nel settore potrebbero crescere, grazie a numerosi progetti in corso per l’apertura di nuovi impianti di estrazione. Per esempio, l’enorme miniera di Jung (Stati Uniti) di proprietà della Rio Tinto e della BHP Billiton, una volta avviata creerà 3.700 nuovi posti di lavoro.

Tuttavia, al momento, se da una parte gli investitori in materie prime aspettano a comprare perchè prevedono prezzi più bassi, dall’altra parte il settore continua a perdere posti di lavoro.

Di certo, per un lavoratore che viene licenziato non è di gran consolazione pensare che tutto il mondo sta attendendo che il ciclo economico si giri di nuovo. Uno spunto di riflessione che potrà interessare tutti gli osservatori e gli investitori nel mercato delle materie prime.

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