L’oro affascina investitori e governi da secoli, ma una delle ragioni principali del suo valore rimane la scarsità.
Tutto il metallo estratto nella storia dell’umanità, se fuso in un unico blocco, formerebbe un cubo alto appena 22 metri, con una massa compatta di circa 216.000 tonnellate che rappresenta quasi tre quarti delle risorse note. Accanto a questo, le riserve economicamente sfruttabili ancora nel sottosuolo sono molto più modeste: 64.000 tonnellate, equivalenti a un cubo di soli 15 metri di lato (dati World Gold Counsil).
Le dimensioni ridotte di questi “monoliti aurei” aiutano a comprendere quanto l’oro sia un bene finito e limitato, soprattutto se confrontato con colossi architettonici come la Grande Piramide di Giza, che svetta a 139 metri d’altezza.
L’epoca moderna ha divorato le risorse
La corsa tecnologica e industriale del dopoguerra ha segnato una svolta decisiva. Dal 1950 a oggi è stato estratto quasi il 70% dell’oro disponibile, grazie a miniere a cielo aperto e processi di raffinazione sempre più efficienti. Oggi, però, i giacimenti più ricchi sono stati esauriti e le nuove estrazioni procedono a ritmi più lenti, complice il calo del tenore dei minerali.
La maggior parte dell’oro già estratto trova posto nella vita quotidiana e nei mercati finanziari: il 45% è custodito sotto forma di gioielli, mentre il 22% è investito in lingotti e monete. Le banche centrali ne detengono il 17%, utilizzandolo come baluardo contro inflazione e instabilità geopolitica. Una quota crescente, infine, è destinata all’industria tecnologica, dall’elettronica all’aerospazio.
La corsa del 2025: il metallo tocca nuovi record
Il 2025 ha segnato uno dei rally più impressionanti degli ultimi anni, con il prezzo dell’oro balzato oltre il 50%, superando per la prima volta la soglia dei 4.000 dollari l’oncia. Una fuga verso il metallo giallo alimentata da un mix esplosivo di fattori tra cui un dollaro indebolito, tensioni geopolitiche diffuse e un’economia globale attraversata da incertezze.
A dare ulteriore impulso sono state le strategie di diversificazione di diversi paesi, a cominciare dalla Cina, che ha progressivamente ridotto la propria esposizione ai Treasury americani a favore dell’oro. Le sanzioni imposte dagli Stati Uniti alla Russia dopo il 2022 hanno spinto molte economie emergenti a rivalutare il ruolo del metallo come garanzia tangibile. Anche gli investitori al dettaglio, preoccupati dall’inflazione persistente, hanno aumentato la domanda.
C’è ancora oro da scoprire?
Nonostante le riserve economicamente sfruttabili siano quantificate in 64.000 tonnellate, il pianeta conserva ancora depositi non individuati. Il loro valore dipende in gran parte dal prezzo dell’oro: quando il mercato sale, anche giacimenti di qualità inferiore diventano convenienti da estrarre. L’aumento dei prezzi stimola inoltre l’esplorazione, aprendo la strada a nuove scoperte e a tecniche di recupero più sofisticate.
In questo scenario anche il riciclo diventa cruciale dal momento che con risorse limitate e costi in aumento, recuperare meglio l’oro già in circolazione sarà una delle sfide centrali dei prossimi anni.
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