Cosa prevedono esperti e banche d’investimento per il 2026?

Il 2026 si profila come un anno di consolidamento più che di svolta: mercati sostenuti da politiche favorevoli e dall’integrazione dell’intelligenza artificiale, ma immersi in un contesto geopolitico fragile e frammentato.

Il 2026 si apre con un clima molto diverso rispetto agli anni immediatamente precedenti. Dopo un 2025 dominato da mercati alle prese con tassi più elevati, nuove geometrie geopolitiche e il passaggio dell’intelligenza artificiale dalla promessa all’uso concreto, l’anno che arriva appare come quello delle conseguenze di quanto esposto.

Il sentimento prevalente tra analisti e investitori è di cauto ottimismo, ma senza entusiasmi. Alcuni fattori sembrano insolitamente favorevoli: stimoli fiscali (Stati Uniti), allentamento monetario graduale e deregolamentazione convivono in una combinazione che storicamente si osserva più spesso in fasi di crisi che in periodi di crescita. Questo contesto alimenta l’appetito per il rischio, ma non cancella l’incertezza di fondo.

Sotto la superficie dei mercati finanziari, il mondo resta attraversato da tensioni strutturali. Il progressivo indebolimento dell’ordine internazionale basato su regole condivise e la normalizzazione di conflitti a bassa intensità, fanno del 2026 un anno in cui opportunità e fragilità procedono di pari passo.

Intelligenza artificiale: dall’adozione alle conseguenze

Per il terzo anno consecutivo l’intelligenza artificiale occupa il centro della scena, ma con una narrazione ormai matura. Non si discute più se l’AI sia utile o se verrà adottata su larga scala, visto che il tema è come verrà integrata nei processi e quali effetti produrrà.

Il 2026 è l’anno in cui i sistemi diventano sempre più agentici, capaci non solo di rispondere a input umani ma di pianificare, agire e adattarsi con un’autonomia crescente. In molte aziende l’AI smette di essere uno strumento e inizia a comportarsi come un collaboratore digitale, in grado di moltiplicare la produttività di team ridotti e di ridisegnare il modo in cui si prendono decisioni operative.

Questa trasformazione promette benefici tangibili e, dopo anni di attesa, i guadagni di efficienza legati all’AI dovrebbero finalmente riflettersi nei conti economici. Allo stesso tempo, però, aumenta la pressione su professioni qualificate e lavori cognitivi che fino a poco tempo fa si consideravano relativamente al riparo dall’automazione.

Mercati finanziari: crescita guidata dagli utili

Sul fronte dei mercati azionari, il consenso resta positivo. Le aspettative per il 2026 indicano nuovi massimi per l’azionario statunitense, con progressi sostenuti più dalla crescita degli utili che dall’espansione delle valutazioni. Anzi, una parte degli strateghi ritiene plausibile una moderata compressione dei multipli, compensata però da un deciso miglioramento della redditività aziendale.

L’intelligenza artificiale è il filo conduttore anche qui dal momento che efficienze operative, ritorno della leva operativa e nuove fonti di ricavi nel software e nei servizi digitali sono considerati tra i principali motori di crescita. Il rischio non scompare, soprattutto per la concentrazione dei rendimenti su pochi grandi nomi, ma l’impostazione generale resta favorevole agli asset rischiosi.

Oro: il rifugio che non passa di moda

Accanto all’ottimismo sull’azionario, l’oro continua a occupare un posto centrale nelle strategie di portafoglio. Non si tratta di una scommessa tattica, bensì di una tendenza strutturale. Gli acquisti delle banche centrali, la funzione di copertura geopolitica e i dubbi sulla sostenibilità fiscale di molte economie avanzate alimentano l’idea di un super-ciclo che non si è ancora esaurito.

In scenari di deterioramento più marcato dei conti pubblici o di shock geopolitici, il metallo giallo viene visto come uno dei principali beneficiari, confermando il suo ruolo di assicurazione contro gli estremi del sistema.

Economia globale: atterraggio morbido, ma non privo di turbolenze

Le previsioni macroeconomiche delineano uno scenario di crescita moderata. L’economia mondiale dovrebbe espandersi a un ritmo inferiore rispetto alla media pre-pandemica, ma sufficiente a evitare una recessione diffusa. Le economie avanzate procedono lentamente, mentre i mercati emergenti continuano a offrire tassi di crescita più robusti.

L’inflazione, pur non essendo del tutto domata, segue una traiettoria discendente. Questo consente alle principali banche centrali di proseguire nella normalizzazione delle politiche monetarie, con tagli graduali dei tassi seguiti da lunghe pause. Fa eccezione il Giappone, che resta un caso a sé stante nel panorama globale.

Dazi e commercio: la nuova normalità

Sul piano geopolitico ed economico, il 2026 consolida una svolta già in atto: i dazi non sono più un’arma temporanea, ma uno strumento strutturale di politica economica. Gli Stati Uniti li utilizzano apertamente come leva di pressione e di riorientamento delle catene di fornitura.

L’impatto sull’economia globale appare meno traumatico di quanto temuto inizialmente, ma il cambiamento è profondo. I flussi commerciali si ridisegnano, la diversificazione delle supply chain accelera e il commercio internazionale diventa sempre più frammentato lungo linee geopolitiche.

Cina e rivalità sistemica

In questo contesto, la Cina cerca di compensare le difficoltà interne – dalla crisi immobiliare alle pressioni deflazionistiche – puntando su manifattura ed export. La strategia sostiene la crescita, ma rischia di acuire le tensioni con il resto del mondo a causa della sovraccapacità industriale e delle dispute commerciali.

Parallelamente, la competizione tra grandi potenze assume forme sempre meno tradizionali. Le provocazioni nelle zone grigie, l’uso di tecnologie avanzate, lo spazio e il cyberspazio diventano teatri centrali di una rivalità permanente che resta sotto la soglia del conflitto aperto, ma che aumenta l’instabilità di fondo.

Oltre le previsioni

Come sempre, la storia invita alla prudenza. Le previsioni raramente si realizzano nei dettagli e il 2026 non farà eccezione. Il valore del consenso non sta tanto nei numeri puntuali, quanto nell’identificazione dei temi chiave: l’integrazione profonda dell’AI, la trasformazione del commercio globale, il ritorno della geopolitica come variabile strutturale dei mercati.

Alcuni di questi filoni si rafforzeranno, altri verranno smentiti dagli eventi. Insieme, però, delineano il terreno su cui istituzioni, imprese e investitori stanno già muovendo i primi passi, consapevoli che il vero rischio del 2026 non è l’instabilità, ma sottovalutarne le conseguenze.

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