I paesi più ricchi del mondo nel 2025, un paradosso di prosperità e disuguaglianza

Molti dei paesi più ricchi del mondo sono anche tra i più piccoli: Singapore, Lussemburgo e Macao guidano la classifica del 2025.

Quando si pensa ai paesi più ricchi del mondo, l’immaginazione corre spesso verso le grandi potenze economiche. Eppure, sorprendentemente, molti degli stati con il più alto reddito pro capite sono anche tra i più piccoli. Micro-nazioni come Lussemburgo, San Marino, Malta o Singapore hanno saputo trasformare le loro dimensioni ridotte in un vantaggio, sviluppando settori finanziari sofisticati, regimi fiscali appetibili e una capacità straordinaria di attrarre capitali e talenti da ogni parte del mondo.

Altri paesi hanno puntato sulle risorse naturali: Qatar, Brunei e gli Emirati Arabi Uniti si reggono in larga parte sulle immense riserve di idrocarburi. A Macao, invece, il lusso e i casinò hanno reso il turismo la principale fonte di ricchezza, nonostante gli anni difficili della pandemia.

Il concetto di ricchezza: non solo PIL

Misurare la ricchezza di una nazione non è semplice. Il Prodotto Interno Lordo (PIL) racconta solo una parte della storia. Per avere un quadro più realistico, gli economisti preferiscono guardare al PIL pro capite, corretto per il potere d’acquisto (PPP). Questo parametro, che tiene conto dei prezzi locali e dell’inflazione, permette confronti più precisi tra i diversi paesi.

Non va però dimenticato che si tratta di medie e quindi un alto reddito pro capite non significa automaticamente benessere diffuso. All’interno di ciascuna nazione, profonde disuguaglianze possono separare i ricchissimi dal resto della popolazione.

Pandemia, guerre e nuove disuguaglianze

Il Covid-19 ha messo in luce queste contraddizioni. I paesi più ricchi hanno avuto risorse per fronteggiare l’emergenza sanitaria, ma non tutti i cittadini hanno beneficiato di queste tutele. Chi poteva lavorare da remoto ha continuato a percepire reddito e sicurezza, mentre i lavoratori meno qualificati, costretti a spostarsi o penalizzati dalla chiusura dei settori in cui operavano, si sono trovati più vulnerabili.

Superata l’emergenza sanitaria, nuovi shock hanno aggravato le disuguaglianze: la guerra in Ucraina, la crisi energetica e alimentare, fino al conflitto tra Israele e Hamas. L’inflazione ha colpito con particolare durezza le famiglie a basso reddito, costrette a destinare gran parte del loro salario a beni essenziali come cibo, casa e trasporti.

Ricchi contro poveri: il divario globale

Secondo il Fondo Monetario Internazionale, nei dieci paesi più poveri del pianeta il reddito medio pro capite in termini di potere d’acquisto è appena di 1.600 dollari. Nei dieci più ricchi supera i 118.000. Una forbice enorme, che rischia di allargarsi ulteriormente.

Va aggiunto che i numeri vanno interpretati con cautela dal momento che molte nazioni in cima alla classifica sono veri e propri paradisi fiscali. Ciò significa che parte della ricchezza registrata nei loro bilanci proviene dall’estero e non si traduce necessariamente in un beneficio reale per i cittadini. Il problema è talmente rilevante che, nel 2021, oltre 130 paesi hanno firmato un accordo per introdurre una tassa minima globale del 15% sui profitti delle multinazionali. Una misura che, tuttavia, incontra ancora molte resistenze politiche e rischia di restare sulla carta.

Ecco la classifica dei 10 paesi più ricchi del mondo secondo il PIL pro capite a parità di potere d’acquisto (fonte: International Monetary Fund, World Economic Outlook April 2025).

Disuguaglianze economiche nel mondo

Si tratta di paesi molto diversi tra loro: città-stato finanziarie, monarchie petrolifere, economie europee avanzate e persino una nuova arrivata, la Guyana, trasformata dalla scoperta di enormi giacimenti petroliferi.

Il dato che emerge è abbastanza chiaro. La ricchezza globale è fortemente concentrata e non sempre distribuita in modo equo. Mentre alcuni cittadini vivono con standard altissimi, altri, persino nelle nazioni più prospere, faticano ad arrivare a fine mese. La sfida per i prossimi anni non sarà solo mantenere la crescita, ma anche ridurre le fratture sociali che, dietro le statistiche scintillanti, restano profonde.

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