Il litio dell’Ucraina nelle mani della Russia, evidenzia l’ipocrisia verde di Bruxelles

Il controllo russo sulle riserve di litio ucraine mette a nudo la vulnerabilità dell’Europa nella corsa alla transizione energetica.

All’inizio di quest’anno, le forze armate russe hanno conquistato il villaggio di Shevchenko, nella regione di Donetsk (Ucraina orientale) dove sorge uno dei più grandi giacimenti di litio d’Europa. Il sito contiene circa 14 milioni di tonnellate di minerale con concentrazioni di idrossido di litio che vanno dallo 0,5% al 4%

Qualcuno sperava che questo episodio avrebbe scosso Bruxelles dal suo torpore strategico circa il settore minerario, ma le speranze sono andate deluse. Più che una semplice risorsa, il litio rappresenta una leva di potere geopolitico e chi lo controlla può decidere le sorti della transizione energetica globale. È un’amara ironia che l’Europa, paladina delle energie rinnovabili, si ritrovi ora ostaggio di un’energia pulita costruita su basi sporche di dipendenza estera.

La retorica verde contro la realtà delle materie prime

La corsa verso un futuro carbon-neutral poggia in gran parte sul litio, il metallo che alimenta le batterie dei veicoli elettrici e immagazzina l’energia solare ed eolica. Tuttavia, mentre predica sostenibilità, l’Europa continua a ignorare un pilastro essenziale: l’estrazione. Il rifiuto ideologico e normativo di sviluppare un’industria mineraria interna ha spinto il continente a delegare ad altri – spesso regimi autoritari o instabili – la fornitura delle materie prime. In questo scenario, la strategia climatica europea si regge su fondamenta fragili.

L’Ucraina possiede alcune delle riserve di litio più promettenti del continente, ma l’assenza di una visione strategica europea ha lasciato campo libero all’influenza russa. Se Mosca riuscisse a consolidare il proprio controllo su queste risorse, potrebbe ottenere un vantaggio decisivo nella corsa globale all’energia pulita, e al contempo minare l’autonomia energetica dell’Unione Europea. Invece di agire con lungimiranza, Bruxelles ha permesso che il potenziale ucraino si trasformasse in un rischio geopolitico.

Rivalutare il ruolo delle miniere per un futuro più verde e sicuro

Per superare questa impasse, l’Europa deve rivedere radicalmente il proprio approccio al settore minerario. Servono politiche favorevoli allo sviluppo di miniere moderne, sostenibili e sicure, capaci di fornire le materie prime necessarie senza sacrificare l’ambiente. L’opinione pubblica e le istituzioni devono comprendere che l’estrazione mineraria non è un male necessario, ma un alleato imprescindibile per l’indipendenza energetica e la crescita economica.

Se l’Europa intende guidare davvero la rivoluzione verde, non può limitarsi a importare materiali critici da paesi terzi mentre alza il vessillo della sostenibilità. Serve una leadership che abbia il coraggio di “sporcarsi le mani” responsabilmente, avviando una filiera del litio europea che comprenda estrazione, raffinazione e lavorazione. Solo così sarà possibile garantire sicurezza energetica, autonomia industriale e coerenza con gli obiettivi climatici.

L’Europa è davanti a un bivio. Continuare a dipendere da potenze ostili o riconquistare il controllo delle proprie risorse strategiche. In gioco non c’è solo l’accesso al litio, ma la credibilità stessa del progetto di transizione ecologica. Perché, in definitiva, il vero nemico della sostenibilità non sono le miniere, ma l’ipocrisia.

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