Alluminio: il pessimismo prende piede e, a breve, solo guai

I fondamenti a breve termine per l’alluminio non sembrano promettenti. Questa è la conclusione dell’ultima analisi della Alcoa.


Uno dei più grandi produttori di alluminio primario del mondo sta lottando una battaglia per far stare in piedi i suoi bilanci. È la battaglia dei flussi di cassa positivi.

In altre parole, si tratta della capacità dell’azienda di ripagare i sui debiti e sostenere i costi. Qualcosa che, nel secondo trimestre di quest’anno, è stata negativa per 7 milioni di dollari, provocando una perdita netta di 402 milioni di dollari (2,17 dollari per azione). Difficile immaginare un risultato peggiore.

Bilanci in rosso e mercato in peggioramento

Purtroppo per Alcoa, i guai non finiscono qui. Infatti, le prospettive a breve termine per l’alluminio non promettono bene, come ben descrive l’azienda stessa nel suo report di metà anno.

L’eccesso di capacità produttiva a livello globale e la debole domanda sono le più grosse preoccupazioni per il futuro nel breve termine.

Quest’anno, il prezzo dell’alluminio è sceso al ribasso, depresso dai timori degli investitori per il rallentamento dell’economia globale e, in particolare, per l’impatto della guerra commerciale in corso tra gli USA e il principale produttore e consumatore mondiale, la Cina.

Anche per l’allumina, i prezzi continuano a scendere e, attualmente, si trovano a circa 350 dollari a tonnellata. Sembra passato un secolo da quando l’allumina era ai massimi, ma in realtà era soltanto lo scorso anno.

Verso la chiusura di altri smelter

I margini dei produttori sono sotto pressione, con il prezzo al London Metal Exchange (LME) che si muove tra 1.750 e 1.850 dollari per tonnellata. Servono circa 2.100 dollari per ottenere un rendimento adeguato; se i prezzi dell’allumina e quelli dell’alluminio primario non trovano un equilibrio diverso rispetto ad oggi, potremmo assistere alla chiusura degli smelter.

Infatti, Alcoa stessa sta cercando di chiudere o vendere due fonderie in Spagna, dopo averne già eliminate molte altre nel corso degli ultimi dieci anni in Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi e Gran Bretagna.

Tutto ciò avviene nonostante le prospettive a medio termine per l’alluminio siano promettenti.

La domanda globale sta crescendo, anche se non al livello del precedente decennio. Il mercato rimane scarsamente fornito, poiché la domanda supera la produzione di circa 1,5 milioni-1,7 milioni di tonnellate all’anno. Un deficit che è stato colmato dai titoli ombra detenuti dai trader della finanza, che li avevano è accumulati dopo la crisi finanziaria del 2008 e che stanno gradualmente tornando sul mercato.

Secondo la Jefferies Group LLC, le scorte globali stanno raggiungendo livelli minimi, che non si vedevano dal 2007. Tuttavia, finora, ciò non ha influito né sui prezzi né sull’appetito degli investitori per il metallo.

Alcuni analisti prevedono che, per il 2020 e il 2021, i prezzi saranno in media tra 2.000 e 2.100 dollari tonnellata. I fondamentali a lungo termine sono solidi, sostenuti dalle aspettative di un deficit di offerta costante, da scorte basse e da una solida crescita della domanda di alluminio a livello globale.

Ottimisti contro pessimisti… chi avrà la meglio? Di certo, guardando alle vicende Alcoa, c’è di che preoccuparsi.

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