La sfida tra USA e Cina per controllare le forniture mondiali di bauxite

Si prevede che il mercato globale dell’allumina e della bauxite crescerà da 84,5 miliardi di dollari nel 2025 a 125,9 miliardi di dollari entro il 2033.

Nonostante qualche incertezza legata all’eccesso di offerta e alle fragilità delle catene di approvvigionamento, il mercato globale della bauxite continua a registrare una crescita costante. A trainare l’espansione è soprattutto la crescente domanda di alluminio, fondamentale nei settori automotive, aerospaziale e delle energie rinnovabili.

La bauxite rappresenta la principale fonte di allumina, da cui deriva l’alluminio. Circa l’85% dell’estrazione globale è destinata a questa trasformazione. Secondo le stime, il mercato congiunto di bauxite e allumina passerà dagli 84,5 miliardi di dollari del 2025 a quasi 126 miliardi nel 2033, con un tasso di crescita annuo superiore al 5% (dati MetalMiner). Numeri che testimoniano opportunità di lungo periodo, ma anche il rischio di oscillazioni improvvise legate alle tensioni geopolitiche e agli shock di offerta.

La corsa tra Stati Uniti e Cina

Il settore è al centro di una competizione strategica. Da una parte, gli Stati Uniti stanno puntando a ridurre la dipendenza dalle importazioni, che coprono attualmente il 75% del fabbisogno domestico. Dall’altra, la Cina mantiene la leadership mondiale nell’alluminio, consumando oltre il 60% della bauxite scambiata a livello internazionale, gran parte proveniente da Guinea e Australia.

L’Asia-Pacifico resta l’area dominante per le riserve, con il 45% del totale globale, mentre l’Africa – e in particolare la Guinea, che da sola ne detiene il 24% – gioca un ruolo cruciale. L’Australia primeggia nelle esportazioni, ma è la Cina a guidare la raffinazione, seguita da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Guinea, tra risorse e tensioni

Un caso emblematico è quello della Guinea, che ha recentemente revocato una concessione mineraria alla Guinea Alumina Corporation (GAC), controllata dagli Emirati. La decisione, motivata dalla mancata realizzazione di una raffineria promessa, ha trasferito i diritti sul giacimento di Boké ad una nuova società statale per 25 anni. La GAC, che nel 2024 aveva esportato 18 milioni di tonnellate di bauxite, ha annunciato ricorso all’arbitrato internazionale. Una mossa che potrebbe avere ripercussioni anche per gli Stati Uniti, che contano sul paese africano per parte delle proprie importazioni.

Nel frattempo, i grandi operatori continuano a rafforzare la filiera. Rio Tinto ha stanziato 180 milioni di dollari per ampliare la capacità estrattiva della miniera di Amrun (Australia), con produzione attesa dal 2027 e piena operatività nel 2028. Parallelamente, Washington sostiene nuove attività minerarie domestiche per rafforzare la sicurezza strategica.

Prezzi stabili ma rischi all’orizzonte

Il secondo trimestre del 2025 ha visto una sostanziale stabilità nei prezzi globali della bauxite. Negli Stati Uniti il valore si è mantenuto intorno agli 82 dollari per tonnellata, mentre in Cina i prezzi sono saliti a 99 dollari, spinti dalla forte domanda industriale e da difficoltà nell’approvvigionamento estero.

Le dinamiche restano influenzate da vari fattori: interruzioni logistiche, regolamentazioni ambientali più severe e scarsità di manodopera. Sul fronte dei costi pesa anche la gestione dei residui di produzione, come i fanghi rossi, che incidono fino al 50% sulle spese operative.

Con la domanda di alluminio in crescita e nuovi investimenti nelle catene di approvvigionamento, il mercato della bauxite sembra destinato a un’espansione di lungo periodo. Tuttavia, rischi ambientali e tensioni geopolitiche potrebbero rappresentare ostacoli significativi, alimentando la volatilità dei prezzi e ridefinendo gli equilibri globali del settore.

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