I nuovi chip al grafene spalmati sul DNA

Una nuovissima tecnologia, a base di grafene e DNA, promette di superare i limiti dimensionali e di prestazioni degli attuali chip per computer.

Alla Stanford University (Stati Uniti), un ingegnere chimico e il suo team stanno lavorando su una nuova generazione di chip per computer: grafene modellato sul DNA, al posto del silicio. Il DNA è l’architettura della vita e potrebbe diventare presto anche l’architettura dei nuovi chip al grafene.

Per costruire computer e dispositivi elettronici sempre più potenti e più piccoli è necessario miniaturizzare sempre di più i chip di silicio che potrebbero essere arrivati vicino ad un limite oltre il quale non si può andare, confermando i timori di molti tecnici sulla fine della corsa verso dispositivi più piccoli, più veloci e più economici.

Per capire come saranno i nuovi dispositivi, ė necessario fare una passeggiata tecnologica all’interno di un chip, il cuore di tutti i computer.

Tutto è legato a come funziona un chip di silicio. Per capirlo pensiamo ad un semiconduttore, un materiale che può essere indotto a condurre o ad arrestare il flusso dell’elettricità. Fino ad oggi il silicio è stato il materiale più usato proprio come semiconduttore, cioè come materiale per produrre chip. Le unità che costituiscono un chip sono i transistor, minuscole porte che arrestano oppure lasciano passare l’elettricità, creando logicamente i bit (zero e uno) che stanno alla base dell’esecuzione di qualsiasi software. Per costruire chip sempre più potenti, i progettisti hanno rimpicciolito i transistor e hanno aumentato la velocità con cui le porte si aprono e si chiudono.

Il risultato di questi sforzi è stato quello di concentrare sempre più energia elettrica in spazi sempre più ridotti, oltre che meno costosi. Ma arriva un punto in cui il calore prodotto e altre forme di interferenza potrebbero compromettere il funzionamento interno di tutto il chip.

Per superare questi limiti, servirebbe un materiale con il quale costruire transistor sempre più piccoli e più veloci, ma che utilizzano meno energia. E a questo punto arriva il grafene, con le sue proprietà fisiche ed elettriche da semiconduttore.

Il grafene, che viene prodotto dalla grafite, è un singolo strato di atomi di carbonio disposti in uno schema a nido d’ape e da un punto di vista elettrico è un conduttore estremamente efficiente.

Dato che le dimensioni del nuovo materiale sono minuscole e che le proprietà elettriche sono assai favorevoli, costruendo dei nastri di grafene  si potrebbero creare dei chip molto veloci, funzionanti con una potenza molto bassa. Ma realizzare un nastro con lo spessore di un solo atomo e con una larghezza di qualche decina di atomi, è un’impresa molto difficile.

I ricercatori di Stanford hanno maturato l’idea di usare il DNA come meccanismo di assemblaggio, poichè i filamenti di DNA sono lunghi e sottili, con le stesse dimensioni, all’incirca, dei nuovi nastri di grafene. Chimicamente, le molecole di DNA contengono atomi di carbonio, lo stesso elemento che forma il grafene.

Dopo due anni, il gruppo di ricerca ha messo a punto un processo di fabbricazione di nastri di grafene a base DNA, che promette bassi costi di produzione e un’alta scalabilità, tutte le caratteristiche che servono per adottare il nuovo metodo di fabbricazione su scala industriale.

Il futuro per nuove applicazioni basate su uno dei materiali più rivoluzionari scoperti dall’uomo, è alle porte.

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