Il paradosso del litio in Europa: ambizioni verdi ma miniere non nel nostro giardino

L’Europa è divisa tra l’urgenza di garantirsi materie prime strategiche e la resistenza delle comunità locali contro le nuove miniere di litio. Il documentario “Europe’s Lithium Paradox” mette a nudo il conflitto tra transizione verde, indipendenza industriale e sostenibilità.

L’Europa si trova davanti a una delle scelte più delicate della sua storia industriale. Continuare a dipendere da paesi terzi per le materie prime essenziali o affrontare le proprie contraddizioni e avviare un’estrazione responsabile di minerali critici come il litio?

Si tratta di un argomento su cui è incentrato “Europe’s Lithium Paradox”, documentario realizzato da Peter Tom Jones, ricercatore dell’Università di Leuven (Belgio), che invita a un confronto urgente su come conciliare transizione ecologica, autonomia strategica e tutela ambientale.

Il film, che segue da vicino due progetti minerari avanzati in Portogallo e Serbia, mostra il blocco dei cantieri a causa delle proteste e delle divergenze tra industria e cittadini. Da una parte, chi chiede nuove miniere per alimentare la rivoluzione verde di auto elettriche, turbine eoliche e pannelli solari; dall’altra, chi teme gli impatti ambientali e sociali di un ritorno al vecchio modello estrattivo.

Un conflitto che paralizza le politiche europee

Jones descrive la situazione come una trincea ideologica in cui i decisori politici faticano a trovare una via d’uscita. Secondo lui, serve un approccio comune che superi la contrapposizione tra ambientalisti e industria, perché senza nuove fonti di litio l’Europa rischia di restare indietro nella corsa globale alla decarbonizzazione. Il documentario, proiettato in università e conferenze scientifiche in sei paesi europei, mira proprio a stimolare questo dibattito, offrendo una riflessione sulla necessità e sui limiti del cosiddetto responsible mining.

Il nodo centrale è strutturale poiché non è possibile riciclare ciò che non si ha ancora ancora prodotto. Infatti, l’Europa non dispone di scarti sufficienti per sostenere una filiera circolare delle batterie prima del 2035. Fino ad allora, sarà inevitabile estrarre nuove risorse. Secondo le stime di Jones, il litio serbo potrebbe alimentare fino a un milione di veicoli elettrici e dare vita a un intero ecosistema industriale: miniere, raffinerie, impianti di riciclo e produzione di materiali per batterie.

Oggi, sul continente, sono operative solo quattro miniere di litio, una delle quali inattiva, ma ne servirebbero almeno dieci per raggiungere l’autosufficienza.

La guerra fredda dei minerali

La corsa globale al litio non è solo economica, ma geopolitica. Cina e Stati Uniti stanno consolidando il loro vantaggio con politiche aggressive: Pechino limita l’export di tecnologie critiche, mentre Washington valuta sussidi e prezzi minimi per stimolare la produzione interna. L’Europa, invece, rimane spettatrice di questa guerra fredda dei minerali, prigioniera della burocrazia e dell’assenza di una strategia comune.

Ma Bruxelles si discute di autorizzazioni e normative, gli altri paesi dettano le regole del gioco.

Il film lascia indifferenti. In Serbia e Portogallo, molte comunità locali lo hanno percepito come una propaganda a favore delle compagnie minerarie, rifiutando perfino di parlare con la troupe del film. Paradossalmente, anche nel settore industriale non sono mancate le critiche e alcuni operatori hanno vietato ai propri dipendenti di assistere alle proiezioni, giudicando il documentario troppo scomodo.

Europe’s Lithium Paradox non offre soluzioni semplici, ma lancia un messaggio abbastanza chiaro e cioè che senza una strategia condivisa e senza il coraggio di affrontare il tema delle miniere in casa nostra, l’Europa rischia di restare senza industria e senza autonomia. Il tempo delle parole è finito, ora servono decisioni.

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