Prezzi dell’oro in ripresa

Le speranze degli investitori in oro si sono riaccese grazie al petrolio, al deficit commerciale americano ed agli ultimi dati sugli acquisti di metallo giallo in Cina.

Il rally di due giorni dei prezzi dell’oro, che hanno superato i 1.200 dollari per oncia, è stato scatenato dall’aumento dei prezzi del petrolio e dal peggioramento della bilancia commerciale degli Stati Uniti.

Il petrolio greggio WTI ha registrato un’impennata di quasi il 3%, superando i 60 dollari al barile, dopo che i manifestanti in Libia hanno bloccato la produzione di oltre 100.000 barili al giorno, come ha riferito il Wall Street Journal.

Il deficit commerciale americano ha raggiunto il livello più alto da ottobre 2008 a causa della forza del dollaro, elemento che rende sempre più conveniente importare merci a prezzi che continuano a scendere.

I prezzi dell’oro non potevano reagire diversamente, alimentati anche dalla speculazione che ritiene che l’inflazione negli Stati Uniti inizierà a crescere in seguito all’aumento dei costi energetici. Cosa che si manifesterà in tutta la sua evidenza quando la Federal Reserve americana (FED) deciderà di aumentare i tassi di interesse.

Gli osservatori ritengono che l’inflazione degli Stati Uniti inizierà a crescere.

Sarà interessante vedere i dati sulla disoccupazione americana, previsti nella giornata odierna, che secondo le previsioni degli economisti saranno ben peggiori di quelli di marzo, con una crescita dei disoccupati di 230.000 unità.

Le speranze dei sostenitori dell’oro si sono riaccese in questi giorni anche a seguito della notizia che la Cina ricomincerà a comprare oro. Song Xin, presidente della China Gold Association, ha dichiarato che la domanda interna nel primo trimestre è risalita dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Un inversione di rotta significativa, dal momento che nel 2014 si era registrato un calo del 25%.

Il prezzo odierno dell’oro è di 1.190 dollari per oncia.

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