Gli analisti di UBS hanno rivisto al rialzo le stime sul prezzo dell’oro, prevedendo un 2025 e un 2026 caratterizzati da valori mai toccati prima. La banca svizzera si attende che la domanda di oro come bene rifugio continui a crescere, alimentata dalle tensioni macroeconomiche negli Stati Uniti e dalle tendenze globali alla de-dollarizzazione.
Oltre quota 3.600 dollari l’oncia
Per il primo trimestre del 2026, UBS stima un prezzo medio di 3.600 dollari l’oncia,100 dollari in più rispetto alla previsione precedente. Ancora più ottimistiche le prospettive per il resto del 2026, quando nel secondo e nel terzo trimestre l’oro dovrebbe stabilizzarsi intorno ai 3.700 dollari l’oncia.
Secondo gli esperti, a trainare questa corsa non saranno solo gli investitori privati, ma soprattutto i fondi quotati (ETF) e le banche centrali, sempre più propense a diversificare le proprie riserve allontanandosi dal dollaro.

La corsa delle banche centrali verso l’oro non accenna a fermarsi. Nonostante il forte incremento dei prezzi, gli acquisti si avviano a superare le 1.000 tonnellate per il secondo anno consecutivo. UBS stima che nel 2025 la domanda globale di oro raggiungerà i 4.760 milioni di tonnellate, con un incremento del 3% rispetto all’anno precedente. Sarebbe il livello più alto dal 2011, a conferma del ruolo centrale del metallo giallo come riserva di valore.
Il vero problema che preoccupa gli investitori si chiama debito pubblico americano
Secondo UBS, diversi fattori concorrono a rendere l’oro sempre più attraente: i rischi legati all’economia statunitense, i dubbi sull’indipendenza della Federal Reserve americana (FED), l’aumento del debito pubblico americano e le tensioni geopolitiche. Tutti elementi che alimentano la tendenza alla de-dollarizzazione, un fenomeno molto preoccupante e dalle conseguenze imprevedibili sull’enorme debito pubblico americano e che spinge governi e istituzioni a rafforzare le proprie riserve auree.
Ma non c’è solo UBS che vede oro brillante all’orizzonte. Anche Citi, all’inizio di questo mese, ha alzato le proprie stime a breve termine, ipotizzando un prezzo compreso tra i 3.300 e i 3.600 dollari l’oncia nei prossimi tre mesi, soprattutto per effetto dei timori legati all’inflazione da dazi commerciali.
Con le banche centrali protagoniste e una domanda istituzionale in crescita, il metallo giallo sembra destinato a consolidare nel 2025 il suo ruolo di asset chiave a livello globale.
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