Trump è tornato! Timori e prospettive per il mercato dell’alluminio

Con la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2024, il settore dell’alluminio mondiale torna a interrogarsi sulle future politiche commerciali statunitensi e sull’impatto di un eventuale ritorno alle misure protezionistiche. La sua rielezione segna infatti una potenziale svolta per i mercati globali e per il settore dell’alluminio in particolare. La storia dei dazi statunitensi negli ultimi anni Durante la sua presidenza dal 2017 al 2021, Trump adottò una politica fortemente protezionistica che, sotto l’egida del motto “America First”, portò all’introduzione di dazi pesanti su molti beni di importazione, dall’acciaio all’alluminio, colpendo i principali partner commerciali degli Stati Uniti: Cina, Canada, Messico e Unione Europea. L’obiettivo dichiarato era proteggere l’industria americana dalle pressioni della concorrenza estera, ma i dazi ebbero anche l’effetto di aumentare i costi per le aziende americane che utilizzano materiali importati, influenzando in modo significativo la catena delle forniture. Nel marzo 2018, dopo un’indagine anti-dumping, Trump impose dazi del 10 percento sull’alluminio proveniente dalla Cina, che coinvolsero un valore complessivo di scambi pari a 17,6 miliardi di dollari. La misura fu poi estesa agli alleati regionali, tra cui Canada, Messico e Unione Europea, seppur con una breve durata. Infatti, nel maggio 2019, gli Stati Uniti raggiunsero un accordo con questi paesi, rimuovendo i dazi. A complicare ulteriormente il quadro si aggiunse, nel 2020, una nuova ondata di dazi sui derivati di alluminio e acciaio, un ulteriore 10 percento sull’alluminio e un 20 percento sull’acciaio. Anche il Canada fu colpito con nuovi dazi su 2,5 miliardi di dollari di alluminio grezzo, una misura che venne successivamente sospesa. Con l’elezione di Joe Biden nel 2021, gli Stati Uniti optarono per un regime di quote tariffarie al posto dei dazi, consentendo importazioni limitate senza tariffe ma imponendo costi aggiuntivi sui volumi eccedenti. Tuttavia, anche sotto questa nuova amministrazione, le restrizioni commerciali non furono completamente abolite. Preoccupazioni e scenari futuri Naturalmente, visto quanto successo nel passato, il ritorno di Trump suscita timori tra i principali attori del mercato dell’alluminio, in particolare per l’annunciata intenzione di introdurre un dazio minimo globale del 10% su tutti i beni importati. Se implementata, questa misura rappresenterebbe un colpo per i paesi esportatori di alluminio verso gli Stati Uniti e potrebbe avere un effetto domino sulle economie globali, riducendo i flussi commerciali e aumentando i costi di produzione a livello mondiale. Il Canada, uno dei maggiori fornitori di alluminio per l’industria americana, sta già pianificando azioni preventive nel caso in cui Trump concretizzi la promessa di dazi generalizzati. Alcuni analisti economici stimano che le misure potrebbero causare una contrazione del PIL globale del 5 %, creando un clima di incertezza e un freno per l’espansione del settore dell’alluminio. Anche l’Australia guarda con apprensione agli sviluppi: se gli Stati Uniti rafforzeranno le misure contro l’alluminio cinese, le esportazioni australiane verso la Cina potrebbero risentirne a causa del conseguente calo della domanda. Tutti in attesa di vedere come si muoverà Trump Il settore dell’alluminio mondiale si trova perciò in una situazione di attesa. Come si svilupperanno le nuove politiche commerciali statunitensi? Chi verrà penalizzato? Chi ne trarrà benefici? Se Trump dovesse mantenere le sue promesse protezionistiche, il settore potrebbe assistere a un consolidamento della produzione interna negli Stati Uniti, aumentando la domanda di forniture locali. Di certo, il ritorno di Trump alla guida degli Stati Uniti rappresenta per il mercato dell’alluminio mondiale non solo un ritorno al passato, ma anche una prova per il futuro della globalizzazione e delle catene di approvvigionamento. METALLIRARI.COM © ALL RIGHTS RESERVED