Il ferro tiene più del previsto, mentre Pechino detta il prezzo in yuan

Goldman Sachs ha rivisto al rialzo le proprie previsioni sul prezzo del minerale di ferro per il 2026, citando un mercato piÃ¹ ristretto del previsto negli ultimi mesi. La produzione di acciaio in Cina Ã¨ rimasta sorprendentemente resiliente, mantenendo stabili le scorte nei porti tra giugno e settembre. A sostenere i prezzi ha contribuito anche lâapprezzamento dello yuan e il miglioramento del clima commerciale tra Pechino e Washington, con il benchmark del minerale al 62% che si attesta intorno ai 106 dollari per tonnellata. Nonostante ciÃ², Goldman Sachs mantiene una prospettiva prudente, prevedendo un calo progressivo dei prezzi nel 2026, con una media annua rivista a 93 dollari per tonnellata (contro gli 88 dollari precedenti). La motivazione di queste conclusioni sono l'eccesso di offerta nel settore siderurgico cinese e l'aumento delle spedizioni globali di minerale, cresciute del 15% su base annua nel quarto trimestre. Il rallentamento dellâedilizia e la saturazione del mercato interno spingeranno probabilmente Pechino a ridurre la produzione di acciaio, pesando cosÃ¬ sulla domanda di minerale di ferro. Per gli analisti, le esportazioni cinesi di acciaio hanno ormai raggiunto il loro picco e non saranno sufficienti a compensare la debolezza della domanda domestica. Il ferro australiano si tinge di yuan In questo incerto contesto, Ã¨ giunta una notizia destinata a segnare una svolta sui mercati. BHP Billiton, il colosso minerario australiano, ha accettato di regolare in yuan il 30% delle proprie vendite spot di minerale di ferro verso la Cina. Una decisione che va oltre la logica commerciale e tocca il cuore dei nuovi equilibri geopolitici globali. A partire dal quarto trimestre del 2025, circa 88 milioni di tonnellate di ferro â per un valore di 10 miliardi di dollari â verranno pagate in renminbi, rompendo con la tradizione del dollaro statunitense come valuta di riferimento per gli scambi di materie prime. Pechino, attraverso la sua China Mineral Resources Group, ha spinto per questa svolta, arrivando persino a sospendere temporaneamente gli acquisti in dollari per esercitare pressione su BHP. La mossa rappresenta molto piÃ¹ di un accordo tecnico poichÃ© Ã¨ un tassello della strategia di lungo periodo della Cina per internazionalizzare la propria valuta e ridurre la dipendenza dal sistema finanziario dominato dal dollaro. Pechino ha giÃ esteso lâuso dello yuan negli scambi con il Brasile e lungo la Belt and Road e ora mira a replicare lo schema nei mercati delle materie prime piÃ¹ strategiche. De-dollarizzazione: un esperimento che parte dal ferro Quello che accade oggi nel mercato del ferro Ã¨, in realtÃ , un test su scala globale. La decisione di BHP non Ã¨ solo una concessione tattica, ma il primo passo concreto verso un nuovo ordine economico dove la valuta americana non avrÃ piÃ¹ il monopolio delle materie prime. La Cina sta utilizzando il proprio peso come principale acquirente mondiale per riscrivere le regole del commercio internazionale, mentre lâOccidente osserva. Se lo yuan riuscirÃ a guadagnare stabilitÃ e fiducia come valuta di scambio, il processo di de-dollarizzazione potrebbe estendersi rapidamente anche ad altri metalli e, in prospettiva, al petrolio. Il ferro australiano, dunque, non Ã¨ piÃ¹ soltanto una questione di prezzi e scorte, ma Ã¨ diventato il campo di prova di una trasformazione monetaria che potrebbe ridefinire lâequilibrio economico mondiale. METALLIRARI.COM Â© ALL RIGHTS RESERVED