L’Europa affoga nell’acciaio cinese. Il futuro del mercato è sempre più incerto

Le esportazioni di acciaio dalla Cina sono destinate a raggiungere un nuovo record nel 2025. Nei primi cinque mesi dell’anno, l’export di prodotti finiti e semilavorati ha toccato quota 48,5 milioni di tonnellate, segnando una crescita del 16% rispetto all’anno precedente. In particolare, sono i semilavorati ad aver registrato l’incremento più rilevante, quadruplicando i volumi su base annua. Una strategia ben precisa da parte delle aziende cinesi per aggirare le crescenti barriere commerciali e trovare sbocchi in mercati sempre più affollati e difensivi. La crisi edilizia cinese riduce la domanda interna Alla base dell’esplosione dell’export c’è la debolezza della domanda domestica. Il mercato edilizio cinese, un tempo principale motore della domanda di acciaio, è in contrazione per il quarto anno consecutivo. Le vendite immobiliari sono diminuite del 5,5%, i nuovi cantieri sono crollati del 19% e il volume complessivo delle costruzioni è calato del 9%. Le misure di stimolo avviate nel 2024 non hanno prodotto gli effetti sperati e la sovraccapacità produttiva ha spinto le acciaierie a cercare acquirenti oltreconfine, anche a costo di ridurre drasticamente i margini. L’aggressiva politica dei prezzi adottata dalla Cina sta avendo effetti devastanti sui prezzi globali. Secondo il rapporto di luglio 2025 di IREPAS, l’associazione globale dei produttori ed esportatori di acciai lunghi, la concorrenza con le forniture a basso costo provenienti dalla Cina e dal Sud-est asiatico è diventata insostenibile. Il risultato è un crollo dei prezzi in tutto il mondo, con impatti significativi anche su mercati relativamente protetti come quello europeo. Produzione UE in calo, ma in Cina si lavora a pieno regime L’onda d’urto dell’export cinese non risparmia l’Unione Europea. Anche se la quota diretta della Cina è contenuta, la pressione esercitata sui mercati vicini costringe altri esportatori, come quelli del Sud-est asiatico e della Turchia, a riversare acciaio a basso costo in Europa. Di conseguenza, i prezzi del tondo per cemento armato in Europa meridionale sono crollati del 13% in due mesi, scendendo da 575 a 500 euro per tonnellata. Una dinamica che penalizza i produttori locali nonostante una timida ripresa della domanda, come dimostra l’aumento dell’1% delle vendite in Germania nei primi cinque mesi dell’anno. Mentre l’industria siderurgica europea è costretta a rallentare – la produzione tra gennaio e maggio è diminuita del 3%, toccando minimi storici – in Cina gli impianti operano al massimo. A giugno, il tasso di utilizzo degli altiforni ha raggiunto il 92%, segnale evidente che la sovrapproduzione non accenna a diminuire. Il paradosso è che gran parte di questa produzione avviene in perdita: solo il 40% degli impianti cinesi risulta essere in attivo. Eppure, la volontà di ridurre la produzione resta marginale: secondo un’indagine presentata nell’agosto 2024, il 75% degli operatori ha dichiarato di non voler tagliare i volumi. La Cina aveva promesso un cambio di rotta con la strategia del “dual carbon control”, volta a contenere le emissioni totali e quelle per unità di prodotto. In teoria, le esportazioni di acciaio avrebbero dovuto essere limitate come fonte di emissioni “non obbligatorie”. Nei fatti, il meccanismo si è dimostrato inefficace. I piani per tagliare 50 milioni di tonnellate di produzione nel 2025 sono stati rimandati. Nei primi cinque mesi dell’anno, la produzione è scesa solo dello 0,8% rispetto al 2024. Barriere commerciali e regionalizzazione in aumento La crescente pressione cinese ha accelerato l’adozione di misure protezionistiche in tutto il mondo. Stati Uniti, Unione Europea e India hanno rafforzato le proprie difese commerciali, mentre anche Turchia e paesi del Sud-est asiatico stanno adottando contromisure. Tuttavia, i mercati meno protetti si trasformano in valvole di sfogo per l’export cinese. Se persino la UE, protetta dal sistema delle quote tariffarie dal 2018, soffre un eccesso di offerta, i rischi per i mercati aperti sono ancora maggiori. La lotta all’eccesso di capacità produttiva in Cina sarà uno dei problemi dei prossimi anni. La continua esportazione a basso costo da parte di impianti che operano sistematicamente in perdita non è sostenibile a lungo termine. Eppure, finché le autorità cinesi non interverranno con decisione, il mercato globale continuerà a essere condizionato da dinamiche distorsive. Con effetti a catena sulla competitività, sugli investimenti e sulla sopravvivenza delle industrie siderurgiche nei paesi che ancora credono nelle regole del libero mercato. METALLIRARI.COM © ALL RIGHTS RESERVED