Deindustrializzazione europea: i numeri di una crisi che dovrebbe preoccuparci

Il motore industriale europeo continua a perdere colpi. Produzione in calo, energia troppo cara, delocalizzazioni e ritardi tecnologici stanno accelerando la deindustrializzazione della UE.

Il motore industriale europeo sta rallentando in modo preoccupante.

La produzione UE continua a contrarsi e, secondo gli ultimi dati Eurostat, il 2024 ha registrato un calo del 2,3% su base annua. Tra i settori più colpiti spiccano i beni strumentali, crollati del 7,5%, mentre dal 2022 la flessione complessiva ha raggiunto il 6%. È il segnale più evidente di un declino strutturale, che sta modificando profondamente il tessuto produttivo del continente con aziende che chiudono, stabilimenti spostati fuori dai confini europei, crisi cronica dell’acciaio e dell’automotive, investimenti rimandati e costi energetici ormai ingestibili per molti gruppi industriali.

Valore aggiunto in crescita, ma peso economico in calo

Ma c’è un paradosso che caratterizza il percorso industriale europeo degli ultimi anni.

Nonostante il valore aggiunto della manifattura sia aumentato fino a toccare i 2,43 trilioni di dollari nel 2022, prima di scendere leggermente a 2,36 trilioni nel 2024, il peso dell’industria sul PIL continua a ridursi. Dal 15,2% del 2018 si è scesi al 14% nel 2024. Un arretramento prolungato che testimonia la progressiva prevalenza dei servizi e una deindustrializzazione strisciante, non lontana da quella osservata in altre economie duramente colpite da shock energetici e geopolitici.

Le cause di un declino annunciato

Il quadro è il risultato di una combinazione di fattori che agiscono in profondità sul sistema produttivo europeo e che proviamo a sintetizzare qui di seguito.

Delocalizzazione e globalizzazione. La competizione internazionale ha spinto molte imprese a spostare la produzione dove manodopera e vincoli regolatori costano meno. Paesi emergenti con normative più leggere risultano più attrattivi della UE, rallentando la nascita di nuovi impianti in Europa.

◉ Energia troppo cara. Dopo la guerra tra Russia e Ucraina, il prezzo dell’elettricità e del gas è schizzato verso l’alto. Nel 2024, l’energia per le industrie europee ad alta intensità era ancora circa il doppio rispetto agli Stati Uniti e nettamente superiore rispetto alla Cina. Un divario che erode margini, riduce competitività e deprime gli investimenti.

Norme sempre più onerose. L’architettura regolatoria europea, multilivello e spesso frammentata, pesa sui bilanci delle imprese. Il FMI stima che le barriere interne all’Unione equivalgano a una tariffa del 45% sui beni e del 110% sui servizi: un fardello che limita crescita e innovazione.

◉ Ritardi tecnologici. L’Europa soffre una crescente distanza rispetto a Stati Uniti e Cina nelle tecnologie più strategiche: intelligenza artificiale, semiconduttori, digitale avanzato. Manca un campione globale paragonabile a Google o Alibaba, mentre la capacità di innovazione cinese, soprattutto in ingegneria e automotive, mette sotto pressione le imprese europee.

Vincoli ambientali e costi aggiuntivi. Gli standard climatici, pur fondamentali per la transizione verde, aumentano i costi di produzione e rendono meno competitivi i beni europei sui mercati internazionali.

◉ Dipendenze esterne critiche. Nonostante i progressi nella diversificazione energetica, la UE resta vulnerabile ai prezzi globali di gas e petrolio e continua a dipendere dalla Cina per terre rare e semiconduttori. Un rischio strategico che limita la piena utilizzo della capacità produttiva.

Un peso globale sempre più debole

La perdita di slancio industriale si riflette anche nella posizione dell’Europa nel mondo. La quota della UE nel valore aggiunto manifatturiero globale è scesa dal 20,8% del 2000 al 16,3% nel 2023. Un arretramento significativo che testimonia un ruolo internazionale ridimensionato.

A questo si aggiunge una questione sociale sempre più rilevante: tra il 2018 e il 2024 sono scomparsi circa 700.000 posti di lavoro nell’industria europea. Un segnale d’allarme per un continente che, storicamente, ha fondato la propria forza sulla manifattura e sulla capacità di innovare.

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Deindustrializzazione europea: i numeri di una crisi che dovrebbe preoccuparci was last modified: Novembre 28th, 2025 by Redazione