Terre rare: le strategie dell’occidente contro il monopolio cinese

Molti paesi si sono resi conto del rischio che comporta la dipendenza dalle terre rare cinesi per molte industrie vitali per l’Occidente. Ma le strategie intraprese, non potranno cambiare le cose nel breve termine.

Una volta, il mercato delle terre rare (REE) era dominato dagli Stati Uniti, mentre oggi il controllo è passato alla Cina, che con le proprie esportazioni copre il 90% del commercio mondiale dei metalli delle terre rare. La Cina detiene il monopolio per l’estrazione dei minerali da cui si ricavano le terre rare e da qualche anno sta manipolando il mercato a proprio vantaggio.

Accendini, super-magneti, schermi a cristalli liquidi, turbine eoliche, vetri, veicoli ibridi e missili militari funzionano grazie alla disponibilità di questi metalli. I settori dell’elettronica, delle energie pulite e della difesa militare, utilizzano pesantemente nei loro prodotti gli elementi delle terre rare.

L’estrazione di questi metalli è però costosa in termini di danni ambientali, in particolare per quanto riguarda l’inquinamento delle fonti di acqua.

Gli Stati Uniti erano i maggiori produttori di terre rare fino al 1980. Da allora, la Cina ha iniziato a sviluppare il settore minerario delle terre rare, fino a superare gli Stati Uniti. Questo rapido successo della Cina, deriva dal vantaggio di disporre di costi estrattivi e del lavoro molto bassi. La crescita cinese, basata su prezzi molto bassi, ha costretto molte miniere in tutto il mondo alla chiusura.

A questo punto la Cina ha iniziato a sfruttare il monopolio acquisito, limitando le esportazioni di terre rare in tutto il mondo. Un monopolio simile è difficilmente attaccabile, poiché i costi di ingresso in questo settore sono molto alti e per aprire una nuova miniera sono richiesti dai due ai dieci anni, senza contare gli altissimi costi in termini ambientali.

Proprio i rischi ambientali, sono la scusa che la Cina adduce per la riduzione delle esportazioni e di tutte le restrizioni che il governo ha messo in atto per evitare di soddisfare la richiesta mondiale di terre rare. La Cina sostiene di voler limitare le esportazioni, a causa dei rischi ambientali connessi con l’estrazione. Perché? Le ragioni che stanno dietro a questa politica sono essenzialmente tre:

  1. ridurre la quantità disponibile per gli approvvigionamenti delle industrie di tutto il mondo, ha un effetto esplosivo sulle quotazioni delle terre rare;
  2. preservare risorse strategiche, come lo sono le terre rare, riduce il rischio di dover dipendere in futuro da altri paesi;
  3. dopo aver sviluppato molti settori industriali che utilizzano terre rare, può favorire le proprie aziende dando loro un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti esterni alla Cina. È una strategia per aiutare l’economia cinese a discapito delle altre economie.

Molti paesi hanno risposto alle politiche della Cina, iniziando ad investire in progetti di nuove miniere. Stati Uniti, Canada, India, Australia e Sud America potrebbero aprire nuove miniere in un prossimo futuro. Inoltre hanno denunciato il comportamento del governo cinese al WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, ma la procedura ha poche possibilità di modificare in modo significativo la politica cinese.

Senza dubbio il controllo della Cina sul settore delle terre rare continuerà nel breve periodo. Al di là dei motivi che hanno portato alla restrizione delle esportazioni cinesi, i prezzi continueranno a salire, causando grosse preoccupazioni per tutti paesi che hanno basato sugli elementi delle terre rare la propria  energia verde, la propria industria elettronica e la propria difesa militare.

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