Ci sono ancora i Paradisi Fiscali? Certo che si, ma stanno cambiando faccia…

I cosiddetti Paradisi Fiscali sono sotto pressione perchè molti governi stanno cercando di arginare la malversazione. Tuttavia, esistono ragioni più che legittime per scegliere l’offshore.

La guerra ai Paradisi Fiscali è cominciata dopo il 2008. La crisi finanziaria ed economica inizata in quell’anno ha spinto progressivamente sempre più governi ad attaccare l’attività finanziaria offshore, nel tentativo di stroncare la malversazione e, naturalmente, con la volontà di fare cassa.

Tuttavia, i Paradisi Fiscali hanno resistito bene. Infatti, le attività di gestione offshore sono cresciute del 3,7% nel 2016, l’ultimo anno preso in considerazione dal Global Wealth Report del Boston Consulting Group.

Certamente, i servizi finanziari offshore hanno ancora molto lavoro da fare per cancellare l’immagine di luoghi dove si celano le fortune illecite dei signori della droga, dei ministri corrotti o degli aristocratici più dissoluti.

Da offshore a midshore

Tuttavia, i centri offshore che stanno crescendo di più sono Hong Kong e Singapore, dove arrivano soprattutto i capitali degli imprenditori asiatici. Questi due paesi vengono talvolta chiamati “midshore“, in riferimento al fatto che soddisfano le norme di controllo degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. I clienti hanno comunque il vantaggio di pagare meno tasse.

Qualcuno dice che è in atto una tendenza ad allontanarsi dalle giurisdizioni offshore che offrono servizi potenzialmente illegali, per rivolgersi invece a paesi offshore che offrono servizi più legittimi. Diversificazione internazionale e investimenti con fiscalità convenienti, diventano l’obbiettivo di chi sceglie questa strada.

Non va poi dimenticato che molti centri offshore offrono un territorio sicuro per tenere il denaro a quelle persone che vivono in paesi instabili, dove i risparmi personali potrebbero essere soggetti ad espropriazioni arbitrarie o dove c’è il rischio di una forte svalutazione della moneta locale.

Secondo il Boston Consulting Group, la crescita della quantità di denaro trasferita nei Paradisi Fiscali dipenderà molto dall’instabilità geopolitica e macroeconomica.

Esistono ancora Paradisi Fiscali inviolabili

In ogni caso, soprattutto in Europa, l’appeal di avere conti offshore è decisamente calato. In particolare, la generazioni più giovani non vogliono avere denaro non tassato in un conto estero, perchè ritengono che non valga la pena rischiare. Inoltre, una recente legge approvata dalla Camera dei Comuni nel Regno Unito, impone ai Territori Britannici d’Oltremare (una dozzina di paradisi offshore, dalle Isole Cayman alle Isole Vergini Britanniche), a partire dalla fine del 2020, di rendere pubblici i nomi dei proprietari delle società ivi registrate.

Tuttavia, nella storia, i Paradisi Fiscali si sono sempre adattati alle nuove normative internazionali. Un caso eclatante è quello dei Paradisi Fiscali attualmente più sicuri e inviolabili del mondo: quelli negli Stati Uniti.

Per esempio, Delaware e Nevada consentono un altissimo livello di anonimato nella creazione di strutture aziendali. Non c’è paese al mondo che abbia il potere di fare pressione per accedere a queste informazioni. A parte gli Stati Uniti quando vogliono controllare i propri cittadini!

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