Serbia, dentro l’Europa ma fuori dall’Unione Europea

Con la ferma convinzione di poter far crescere la propria economia, la Serbia cerca di attirare capitali esteri grazie al basso costo del lavoro e a favorevoli condizioni fiscali per le società.

La Serbia era il cuore della Jugoslavia, il centro politico e amministrativo di quella che era il più importante e potente paese dei Balcani.

Ma nonostante questa sua posizione privilegiata di partenza, ha accumulato un grande ritardo rispetto agli altri paesi dell’area nell’adesione all’Unione Europea (UE). Impossibile capirne il motivo senza considerate la storia passata.

Fino a quando scoppiarono le guerre balcaniche degli anni 1990, la Jugoslavia era costituita da otto giurisdizioni separate ma, dopo circa un decennio, la Repubblica Federale di Jugoslavia era diventata gli Stati Uniti di Serbia e Montenegro. Poco dopo, il Montenegro dichiarò la propria indipendenza (giugno 2006), seguito nel febbraio 2008 dal Kossovo.

Nonostante quest’ultimo atto sia stato accettato dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Ajala Serbia continua a reclamare il Kosovo e a non accettarne l’indipendenza.

La Serbia sta lavorando alacremente per farsi spazio nell’economica mondiale

L’adesione della Serbia alla UE è sostanzialmente subordinata alla risoluzione di questa disputa.

A prescindere dalla scottante questione del Kossovo, la Serbia sta lavorando alacremente per farsi spazio nell’economica mondiale, cercando di attrarre quanti più possibili investimenti diretti esteri. Perciò, il programma di riforme del governo si concentra sulla necessità di garantire una stabilità economica e finanziaria, di arrestare la crescita del debito pubblico e di creare un ambiente favorevole per la ripresa economica.

Ma quali sono i vantaggi che questo paese offre agli investitori stranieri?

In sintesi, un basso costo del lavoro e imposte per le società del 15%, una percentuale inferiore a quella del 20%, tipica degli altri paesi della regione. Inoltre, quando la Serbia entrerà a far parte della UE, offrirà una sistema esente da dazi per le esportazioni verso altri paesi dell’Unione Europea.

Nel frattempo, poiché la Serbia non ha ancora aderito alla UE, non è tenuta a rispettare le sanzioni contro la Russia. Ecco perché è diventato il crocevia delle esportazioni verso la Russia. Una strategia che Fiat, per esempio, usa a proprio vantaggio.

Non mancano certo i rischi per gli investitori che scelgono questo paese. In primis, la vulnerabilità alle oscillazioni dell’economia mondiale dovuta alle piccole dimensioni del paese e della sua popolazione. Inoltre, le fluttuazioni del dinaro serbo rispetto alle altre valute è un problema che non piace agli investitori.

Ma il dubbio più grande rimane quello riguardante i cittadini serbi e la loro volontà di continuare ad accettare misure di austerità dopo i tagli alle pensioni, i tagli agli stipendi dei dipendenti statali e nuove misure più efficaci per la riscossione delle imposte.

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