I Principi corrotti dell’Arabia Saudita e la più grande operazione finanziaria della storia

Gli equilibri cinquantennali del potere saudita stanno traballando, mentre l’erede al trono ha puntato tutte le sue carte sulla più grande IPO del mondo, quella della Saudi Aramco.

Mohammad bin Salman, il trentaduenne principe alla corona dell’Arabia Saudita, prima della scorsa settimana era poco conosciuto al di fuori della regione araba. Ma l’ondata di arresti per corruzione di alcuni membri della famiglia reale, probabilmente nel tentativo di consolidare il proprio potere prima di prendere il trono, lo ha portato al centro dei riflettori internazionali.

La spiegazione ufficiale dell’arresto di almeno 11 principi (tra cui il noto miliardario Prince Alwaleed bin Talal), quattro ministri e decine di ex ministri, è la lotta alla corruzione. Secondo la BBC, questa è solo la fase 1, il che significa che ci saranno probabilmente ulteriori sviluppi di queste “purghe”. Ma già adesso, le implicazioni di quanto accaduto, senza precedenti nella storia cinquantennale del regno saudita, hanno spaventato molti investitori e hanno spinto verso l’alto i prezzi del petrolio.

Come ben sanno i nostri lettori, quello che sta succedendo in Arabia Saudita va al di là di quelle che potrebbero essere faccende interne al mondo arabo, ma è una specie di terremoto nella leadership saudita che, oltre a mettere sotto pressione nell’immediato i prezzi del petrolio, avrà un profondo impatto su tutta l’economia globale.

L’Arabia Saudita è il secondo produttore di petrolio e il più grande esportatore del mondo e, come sanno tutti gli investitori, ha sempre avuto un’influenza determinante sul mercato del greggio. Come quando, a gennaio di quest’anno, il sovrano Abdullah bin Abdulaziz Al Saud è morto, facendo subito impennare i prezzi dell’oro nero dell’8,6%.

Il paese più ricco del Medio Oriente sta attraversando radicali cambiamenti come ben descritto da “Vision 2030”

Il paese più ricco del Medio Oriente sta attraversando radicali cambiamenti come ben descritto da “Vision 2030“, il progetto di Mohammad bin Salman, che qualcuno ha soprannominato MBS, sul futuro dell’Arabia Saudita. Tra i suoi obiettivi ci sono anche la riforma del ruolo del governo nella vita quotidiana dei cittadini.

Oggi si stima che circa l’80% del reddito del paese dipenda dagli enormi ricavi petroliferi. L’idea è di ridurre questa dipendenza, tanto più che i prezzi del Brent sono diminuiti in modo significativo negli ultimi anni. Perciò, molte aziende statali potrebbero venir privatizzate, comprese quelle del settore petrolifero.

Inoltre, l’Arabia Saudita è un paese giovane, circa il 70% dei suoi cittadini ha meno di 30 anni, per cui l’ammodernamento della società sarà particolarmente apprezzato, oltre che contribuire alla crescita economica. Lo scorso settembre, è stato finalmente permesso alle donne di guidare e, si spera, che presto aumenterà anche il numero delle donne lavoratrici.

Certamente, l’obiettivo più ambizioso di Vision 2030 è quello di allontanare l’economia del paese dalle esportazioni di petrolio. Per questo, il paese vuole privatizzare il suo gioiello, la Saudi Aramco, la più grande compagnia energetica del mondo che, nel 2016, ha prodotto una media di 10,5 milioni di barili di greggio al giorno. Secondo ForbesSaudi Aramco genera più di 1 miliardo di dollari al giorno di ricavi.

Anche senza essere dei cospirazionisti, non è difficile intravedere delle significative correlazioni tra la campagna anti-corruzione di Mohammad bin Salman e l’imminente IPO sulla Saudi Aramco. Prima che la gigantesca società energetica diventi pubblica, cosa ci sarebbe di meglio di una forte crescita dei prezzi del petrolio?

L’arresto dei principi corrotti, oltre ad eliminare scomodi rivali, potrebbe essere un modo per raggiungere questo obiettivo.

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