I prezzi dell’alluminio ignorano il deficit. Ma fino a quando?

Perché i prezzi dell’alluminio sono diminuiti nonostante l’evidente deficit di approvvigionamento? La parola agli esperti…

Ormai tutti sanno che il mercato dell’alluminio è in deficit. Tuttavia, i prezzi dell’alluminio sembrano ciechi, muti e sordi… e continuano ad ignorare la situazione.

Di solito quando i mercati sono in deficit, i prezzi aumentano. L’alluminio primario, quotato al London Metal Exchange (LME), non ha seguito questa regola negli ultimi anni. Nel migliore dei casi si è mosso lateralmente. I prezzi hanno stazionato tra 1.700 e 1.900 dollari per tonnellata, con un recente rialzo sopra i 1.800 dollari.

Il problema è che il divario tra produzione e consumo è stato provocato da due fenomeni di grande portata.

Finanza e Cina hanno creato un eccesso di alluminio

Il primo è stata una perdita progressiva di metallo immagazzinato in azioni fuori borsa e in operazioni finanziarie fatte dalla comunità finanziaria. Il secondo è una marea di semilavorati metallici dalla Cina, che ha abbassato i prezzi causando una forte concorrenza per i produttori nel resto del mondo.

Le esportazioni cinesi di semilavorati sono viste come una specie di valvola di sfogo della produzione cinese in eccesso, in un paese che produce metà dell’alluminio mondiale. Le circa 5 milioni di tonnellate annue di esportazioni cinesi sono significative per il resto del mondo, ma rappresentano soltanto una frazione della produzione totale della Cina.

Per fare dei confronti, secondo l’European Aluminium, l’Europa occidentale nel 2016-2017 ha consumato poco più di 5 milioni di tonnellate di laminati piatti e 3 milioni di tonnellate di estrusi. Facile capire quale grosso impatto possano avere 5 milioni di tonnellate di esportazioni cinesi per un mercato maturo come quello europeo.

Ma qualcosa sta cambiando sul mercato globale

Nonostante il rallentamento della domanda globale, potrebbero esserci cambiamenti a favore di prezzi più alti per il prossimo anno.

Le rigide normative cinesi che impongono ai produttori di primario di non costruire nuove fonderie senza la chiusura di quelle vecchie, meno efficienti e meno rispettose dell’ambiente, ha frenato la crescita della capacità produttiva nazionale.

Secondo Reuters, la produzione di alluminio cinese è aumentata ad un ritmo a doppia cifra nella prima parte di questo decennio, ma la crescita è rallentata al 1,6% l’anno scorso. Questa è la prima volta che la produzione di alluminio primario cinese non è aumentata dopo la crisi finanziaria del 2009.

Nel frattempo, la crescita della domanda, per quanto bassa rispetto agli anni precedenti, rimane ancora positiva. Tale crescita significa che qualsiasi ulteriore significativo aumento della domanda potrebbe influire sul livello delle esportazioni, dirottandole sul mercato del consumo locale.

In altre parole, se la domanda cinese di alluminio dovesse ripartire, l’attuale rigidità dell’offerta potrebbe portare a prezzi del metallo nettamente superiori. Anche se ciò appare abbastanza improbabile quest’anno, nel 2020 potrebbe essere una concreta possibilità.

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