La nuova rotta dei pirati: il Golfo di Guinea

Il Golfo di Aden, in Somalia, non è più la zona dei pirati. Adesso, i pirati vanno a caccia di tesori (navi e petroliere) nel Golfo di Guinea.

Armati con scale e kalashnikov, masticando Qat, i pirati della Somalia hanno terrorizzato i mari della regione per anni, dirottando le navi mercantili e chiedendo milioni di dollari in riscatto. Anche Hollywood li ha ritratti in un film di successo con Tom Hanks (“Captain Phillips – Attacco in mare aperto“).

Per quasi un decennio, il Golfo di Aden è stato la rotta più pericolosa del mondo. Ma oggi le cose sono cambiate…

I pirati non sono più in Somalia

La pirateria in Somalia è stata praticamente estromessa. Lo scorso anno, è stato registrato un solo attacco (peraltro fallito), contro gli oltre 200 attacchi che si registravano nel periodo di picco. Una cooperazione senza precedenti tra le marine mercantili e militari di diversi paesi, hanno sconfitto questo flagello.

Ma i pirati sono spuntati in un’altra zona del mondo: il Golfo di Guinea.

Il Golfo di Guinea, che abbraccia un vasta zona adiacente a non meno di otto paesi esportatori di petrolio al largo della costa dell’Africa Occidentale, è diventato una zona mortale per la navigazione.

Secondo l’International Maritime Bureau (IMB), durante il primo trimestre del 2020 nel Golfo di Guinea ci sono stati 21 dei 47 attacchi pirateschi registrati in tutto il mondo. Diciassette membri dell’equipaggio sono stati rapiti durante questi attacchi. L’anno scorso, nel Golfo di Guinea ci sono stati 121 rapimenti, pari al 90% del totale dei rapimenti in mare di tutto il mondo.

Perdite per miliardi di dollari

La maggior parte degli incidenti si è verificata nelle acque territoriali nigeriane, in particolare intorno al delta del Niger ma, in misura minore, anche nel centro marittimo del porto di Lagos.

Compagnie petrolifere come Eni, ExxonMobil, Chevron, Shell e Total corrono seri rischi di attacchi pirateschi contro le loro catene di approvvigionamento dell’Africa Occidentale. In un momento in cui la pandemia di coronavirus costa miliardi di dollari in contratti persi alle compagnie petrolifere ed ai governi, i danni economici causati dai pirati possono essere devastanti.

Tre anni fa, si stima che il governo nigeriano abbia perso 400.000 barili di greggio al giorno (1,5 miliardi di dollari al mese) per colpa dei pirati del Golfo di Guinea. Un danno di quasi il 5% al PIL del paese.

Ma adesso esiste anche un altro rischio. Poiché i prezzi del petrolio sono crollati, anche i pirati vedono affievolirsi significativamente i loro guadagni. Perciò potrebbero cambiare tattica, passando al rapimento di equipaggi a scopo di riscatto.

Le multinazionali e i paesi produttori africani di petrolio non possono certo permettersi di perdere altro denaro oltre a quello svanito per il negativo andamento del mercato. Molto probabilmente, ci sarà sempre più personale armato sulle navi mercantili che transitano per il Golfo di Guinea e l’intera zona diventerà sempre più militarizzata.

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