L’uranio e il Giappone post-Fukushima

Gli effetti del terremoto e dell’incidente di Fukushima e si sono fatti sentire sulla politica energetica giapponese e sul mercato dell’uranio.

Il prezzo spot dell’uranio è a 112,77 dollari al chilogrammo, abbastanza stabile rispetto alle scorse settimane.

Il Giappone è in fase di approvazione il riavvio delle unità 3 e 4 dello stabilimento nucleare di Kansai Electric Ohi. Ecco perché, un certo ottimismo ha pervaso il settore, senza però trascinare i prezzi su livelli più elevati.

Si prevede che l’unità 3 riprenderà ad essere operativa dal 4 luglio, raggiungendo la piena produzione di energia nucleare entro l’8 luglio. Inoltre, l’unità 4 seguirà a partire del 20 luglio.

40 miliardi di dollari all’anno per importare combustibili fossili

In una recente dichiarazione, Takashi Imai, presidente della Japan Atomic Industrial Forum, ha detto che il paese dovrà affrontare una carenza di energia elettrica di circa il 10% nel corso dell’estate. Le importazioni di combustibili fossili per compensare questo deficit, costeranno circa 40 miliardi di dollari all’anno. Di conseguenza, l’impatto ambientale per l’aumento delle emissioni di carbonio porterà i livelli del 14% al di sopra di quanto accordato con il protocollo di Kyoto.

Le principali aziende attive nel settore minerario dell’uranio, come la Cameco, la Paladin Energy e la Denison Mines, stanno adottando strategie diverse per affrontare il potenziale aumento dei costi ambientali e dei ritardi normativi in materia di sicurezza, a seguito dell’incidente di Fukushima. Alcune aziende, sono alla ricerca di partnership e join-venture, altre sono in attesa di sviluppi positivi nelle dinamiche dei prezzi. Per tutte, comunque, il comune denominatore è quello di abbassare i costi e mitigare i rischi prima di iniziare nuovi programmi di sviluppo.

Molti analisti si aspettano che i prezzi dell’uranio possano migliorare entro la fine del 2013, a causa di un deficit del materiale, dato che molti progetti estrattivi e di esplorazione sono stati interrotti o rimandati per i costi troppo alti.

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